23 giugno 2011

InferNapoli di Peppe Lanzetta



"Vincent Profumo chiuse le tende e si stese sul divano. Quel giorno non aveva voglia di sentire il mondo.Spense i cellulari, si preparò una cedrata Tassoni con molto ghiaccio e ci mise dentro aperol e menta. Aveva gusti strani, cmoe strano era il suo modo di mangiare, di guardarsi allo specchio, di lavarsi continuamente le mani di darsi in continuazione il Vetiver, quello di Verlain .."
L'incipit del romanzo di Peppe Lanzetta (di cui Roberto Saviano dice «Per primo ha messo viso e mani all'inferno» ): un racconto feroce, dentro i gironi senza nome di quell'inferno che è la Napoli, osservata da vicino e raccontata attraverso l’epopea di un “malamente”, il boss Vincent Profumo . Un boss anarchico, boss bipolare per i suoi cambi di umore, capace di condannare a morte nua ragazza per uno sgarro e poi di commuoversi di fronte alla voce di Maria Callas.

Un inferno che avvolge una città cui Dio ha concesso tutte le grazie per essere invece un paradiso in terra, per le bellezze naturali: il mare, le rovine dei romani, il cibo, i ragazzi con la voglia di vivere addosso. Di vivere di amare.
Invece, è un inferno di violenza, afa, sudore, rifiuti nell'acqua e rifiuti sottoterra. Prostituzione, droga, traffico di essere umani.
"Non si sente il mare, poi si sente.
La mente è offuscata, il caldo avanza. L'afa asfissiante della città malata copre i pori e in veste le anime dannate che annaspano cercando un pò di refrigerio, un pò di credito, una speranza cammuffata d auna finanziaria che promette soldi a pensionati fino a novant'anni .." pag 28
Ma l'inferno non lascia in pace nemmeno i cattivi: tutti sono trascinati negli inferi per condividere lo stesso dolore, come le persone nei bassi, come le donne col tuppo nero costrette a piangere un marito o un figlio morto in una guerra non dichiarata.
Anche le tre figlie del boss Profumo, non sfuggono a questa maledizione: Maria Sole, Maria Stella e Maria Luna (chiamate così per la passione per la Callas del padre) che in un tema scrive:
"Odio mio padre. E' un camorrista. Odio tutti i camorristi come lui. Mio padre non mi fa mancare mai nientema a me manca la cosa più importante, l'affetto di un padre vero .." pag 50
Nel racconto si parla della mala cinese, si spiega come funziona il meccanismo delle tangenti: per esempio in un business sul settore ortofrutticolo che comprende la zona dal basso Lazio fino all'Irpinia:
"Tarà, scusa se non ho capito! E quest'onorevole da solo se vuò fottere centomila euro: je vaco 'o manicomio! Quindi se ho capito bene cinquantamila al nostro onorevole Porcellino più centomila per Salasso e e cento per il prelato ... Altri cinquanta li abbimao dati al giudice e sò trecentomila euro più i centoventimila per questi altri accattoni".

Chi è più sporco? Il boss che spara e uccide (o fa uccidere), o i politici, assessori, consiglieri, sindaci, magistrati, forze dell'ordine che sapendo dell'inferno quotidiano, fanno finta di non vedere? Che prendono una tangente per starsene buoni, e non "rumpere 'o cazzo"?
Un boss, di cui Lanzetta non ci risparmia nulla: i suoi pensieri, e sue manie, la sua ferocia e la sua distorta umanità, perso nel suo sfarzo ultrakitsch (come la mania per i mocassini) e nelle sue debolezze sessuali.
"Si sente l'orrore. Si taglia col coltello.
Eppure c'è il sole. Il cielo terso e l'aria calda strapazzano i corpi di chi vuole la vita, la sente, la onora. [..]
Il mare aspetta i bambini delle colonie, unico riscatto e sogno di rivoluzione in una terra che invece arranca su sè stessa, popolata da uomini senza scrupoli occupati a nascondere traffici e imbrogli, a seppelire scorie e materiale radioattivo.." pag 52
Infernapoli è un grido di dolore di tutti i disperati, di tutti i diseredati di una terra che sembra non avere speranza, se non la voglia di vivere, "il vizio della vita" dei giovani, cui nemmeno l'afa, la violenza, la munnizza, l'odore di sporco riusciranno a togliere.

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