Sempre più spiritoso, il governo che cerca 47 miliardi per evitare l’espulsione dall’Europa, ma pure dall’Africa, infila nella manovra di “risanamento” una norma che consente agl’imputati di farsi risarcire i danni se il loro processo di primo grado dura più di due anni dalla richiesta di giudizio: cioè sempre. Con una mano cercano soldi, con l’altra li buttano. E lo chiamano “processo breve”. Ma c’è in cantiere un’altra norma che svuoterà ancor di più le casse dello Stato: quella sulla responsabilità civile dei magistrati,
gabellata da toccasana per far pagare alle toghe i loro errori.
Il che già avviene oggi, ma nessuno lo sa. Se il magistrato commette reati, finisce in
galera come tutti gli altri cittadini (parlamentari esclusi). In caso di infrazioni disciplinari, viene punito dal Csm. In caso di errore giudiziario, lo Stato risarcisce la vittima, poi si rivale su di lui se l’errore è frutto di “dolo” o “colpa grave”: lo prevede la legge Vassalli del 1988, varata dal pentapartito dopo il referendum del 1987.
Non sempre infatti l’imputato assolto è vittima di errore giudiziario. Anzi è molto più frequente il contrario: gli indizi e le prove iniziali giustificano l’indagine, l’arresto, la richiesta di rinvio a giudizio, magari anche la condanna in primo e secondo grado, ma non
quella definitiva..
Come si commenta tutto ciò?
Altro che responsabilità, altro che governo tecnico. A casa, senza se e senza ma.
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