L'incipit.
La mano sul dispositivo di sicurezza, il macchinista delle ferrovie Serbe avvertì il brivido familiare che provava sempre sulla tratta che da Belgrado si dirige a nord passando nei pressi di Novi Sad.
Era il percorso seguito dal glorioso Orient Express Arlberg fra gli anni Trenta e gli anni Sessanta: partiva dalla Grecia e attraversava Belgrado per puntare poi verso il cuore dell'Europa continentale.
Lui però non era alla guida di una scintillante locomotiva Pacific 231 a vapore, seguita da una carrozza ristorante con boiserie in mogano e rifiniture d'ottone e da vagoni letto simili a eleganti suite, dove i passeggeri si aggiravano in ambienti lussuosi, già priettati verso le loro incantevoli destinazioni. Il suo locomotore era un vecchio catorcio di fabbricazione americana che trainava una fila di vagoni carichi di merci dirette a Budapest. Eppure, mentre il paesaggio mutevole gli sfilava davanti e il treno si avvicinava al fiume - il suo fiume - , l'uomo era percorso da un brivido, l'esaltante sensazione di far parte della storia.
Quel giorno però si sentiva a disagio. Tra i vagoni zeppi di carbone, rottami di ferro, legname e prodotti vari, ce n'era uno che lo preoccupava. Trasportava fusti di MIC, isocianato di metile, che in Ungheria sarebbe stato utilizzato per la produzione di plastica.
Inizia così, con un treno viaggia sul fiume blu, come il vecchio Orient Express, l'ultimo capitolo della saga di James Bond, la cui scrittura è stata affidata dagli eredi di Fleming a Jeffery Deaver.
Aspettatevi tutti gli ingredienti dei libri di James Bond: avventure, agguati e lette corpo a corpo, agenti segreti sotto mentite spoglie, posti esotici, gadget inventati dalla sezione di Q per agire da spia senza essere scopert, auto veloci (una Bentley continental mg coupè) e belle donne.
E, come ovvio, il cattivo di turno. Il re dei rifiuti.
A mio personalissimo giudizio, Deaver non tradisce le aspettative degli appassionati delle spy story, mettendoci del suo, nel racconto di questa ennesima avventura di questo eroe.
Qui trovate degli estratti dal libro, in inglese:
Il capitolo 2.
Lying at the top of a hill, surrounded by obscuring grass, a man of serious face and hunter's demeanor heard the wail of a horn in the distance, miles away. A glance told him that the sound had come from the train approaching from the south. It would arrive here in ten or fifteen minutes. He wondered how it might affect the precarious operation that was about to unfurl.
Shifting position slightly, he studied the diesel locomotive and the lengthy string of wagons behind it through his night-vision monocular.
Judging that the train was of no consequence to himself and his plans, James Bond turned the scope back to the restaurant of the spa and hotel and once again regarded his target through the window. The weathered building was large, yellow stucco with brown trim. Apparently it was a favorite with the locals, from the number of Zastava and Fiat saloons in the car park.
It was eight forty and the Sunday evening was clear here, near Novi Sad, where the Pannonian Plain rose to a landscape that the Serbs called "mountainous," though Bond guessed the adjective must have been chosen to attract tourists; the rises were mere hills to him, an avid skier. The May air was dry and cool, the surroundings as quiet as an undertaker's chapel of rest.
Bond shifted position again. In his thirties, he was six feet tall and weighed 170 pounds. His black hair was parted on one side and a comma of loose strands fell over one eye. A three-inch scar ran down his right cheek.
This evening he'd taken some care with his outfit. He was wearing a dark green jacket and rainproof trousers from the American company 5.11, which made the best tactical clothing on the market. On his feet were well-worn leather boots that had been made for pursuit and sure footing in a fight.
Il sito dello scrittore, con la sezione dedicata al libro.
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Technorati: Jeffery Deaver
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