Ogni pretesto è buono per buttarla in politica, o in caciara.
Prendete lo strascico dell'attentato ai giornalisti del giornale satirico Charlie Hebdo. Non importa che i responsabili fossero francesi, che non erano mai andati in Siria eccetera.
Che il proselitismo viaggia anche su internet.
Che puoi intercettare tutti, come ti pare, ma se poi non conosci l'arabo o le lingue orientali.
Ma tutto fa brodo per dargli all'immigrato, per chiedere la chiusura di Schengen, per fare campagna elettorale qui a Milano contro la giunta Pisapia.
Perché siamo in guerra e non possiamo permettere che gli estremisti entrini qui da noi, specie ora che c'è Expo.
In effetti: sono già entrati i mazzettieri e le ndrine. Per i terroristi non c'è più spazio per mangiarci sopra ...
Perché siamo in guerra e dobbiamo fare come con le Brigate Rosse, l'islam buono deve prendere le distanze dall'islam cattivo.
Dimenticandoci che, in questo paese, tanto sangue è già stato sparso dalle mafie, dei terroristi di tutti i colori.
E' come se dicessimo che, siccome Provenzano e Riina erano fedeli cristiani, la chiesa debba prenderne le distanze. Che poi è quello che chiede da tempo papa Francesco.
Tutto fa brodo, per la caciara.
Dovremmo dirci tutti Charlie, per la libertà di stampa e di satira.
Non per fare le solite battaglia ideologiche di bandiera. Occidente contro oriente. Dio contro Dio. Volete la moschea, allora costruiteci una chiesa da voi.
Occhio per occhio.
Nella tragedia di Charlie Hebdo (e delle morti che sono seguite) la religione non c'entra.
C'entra invece quel modo di fare, tipicamente italiano, per cui si parla di tutto, solo per fare rumore.
Perché è molto più facile fare la guerra a parole che contro l'apartheid, le banlieu, le periferie della miseria da cui i seminatori d'odio pescano.
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