La povertà in Italia è diventata una
colpa, da nascondere: questa è l'Italia che dal 2008, dall'inizio
della crisi, ha tagliato di 10 volte le spese per gli aiuti alle
famiglie e oggi siamo il paese che spende meno, per il welfare, in
Europa.
Triste primato, per un paese che invece
primeggia in corruzione (ed evasione).
La puntata di Presa diretta si è occupata delle famiglie italiane: quelle che perdono i figli,
strappati via a volte senza seri motivi, dai servizi sociali, e
quelle che devono lottare per gli aumenti delle rette e delle tariffe
per scuole e asili.
Riccardo Iacona è partito da Anzio,
da una coppia cui il tribunale di Roma ha tolto i 6 figli, che ora
vivono in una comunità per minori. Silvia e il marito non sono bravi
genitori: la relazione dei servizi sociali parla di un padre assente
e di una madre in difficoltà.
Oggi vivono in una casa occupata,
avendo ricevuto uno sfratto: per vivere dentro la casa occupata
dovranno fare dei lavori.
Una storia iniziata a settembre 2011: i
servizi sociali di Anzio mandano due educatrici da Silvia. Dopo il
loro rapporto, sono arrivati i carabinieri a prendersi i bambini,
finiti in una casa famiglia.
Lo stato italiano spende 560 ml per
tenere i bambini in strutture come queste: fondi che potevano servire
per aiutare le famiglie come quelle di Silvia. Che vivono in
quartieri senza servizi, con genitori che non riescono a seguire i
figli, a scuola e a casa, perché mancano asili.
I genitori come Silvia, per arrivare a
fine mese, devono ammazzarsi di lavoro: accompagnare i figli a
scuola, visto che non c'erano bus.
Silvia aveva chiesto una casa popolare per lei e i sei figli, ma è ancora in lista.
Silvia aveva chiesto una casa popolare per lei e i sei figli, ma è ancora in lista.
Chissà se il risultato greco non cambi
le politiche di austerità, cioè quella politica che ha tagliato i
fondi per le famiglie.
I sei figli vivono ora in comunità, dalle suore, in una struttura con campi sportivi: qui Silvia può vederli per 2 ore al giorno. Al comune di Anzio sono costati 500000 euro, e ogni giorno la cifra cresce. Forse quei soldi potevano essere usati per dare loro una casa e aiutarli.
I sei figli vivono ora in comunità, dalle suore, in una struttura con campi sportivi: qui Silvia può vederli per 2 ore al giorno. Al comune di Anzio sono costati 500000 euro, e ogni giorno la cifra cresce. Forse quei soldi potevano essere usati per dare loro una casa e aiutarli.
Una storia assurda, che fa sorgere
tanti dubbi: a chi servono queste strutture? Alle famiglie o a chi le
gestisce con fondi pubblici?
Al comune di Anzio ci sono solo due
operatrici per l'assistenza sociale, mancano risorse e i pochi soldi
finiscono nelle casse delle strutture per minori. Un controsenso,
visto che si dovrebbe puntare alla prevenzione e non
all'emergenza.
Eppure la legge vieta di allontanare i
figli, per motivi economici: è la legge 149 del 2001.
Ma oggi essere poveri diventa una
colpa, da pagare con la perdita dei figli.
Liguria, Sanremo: Iacona ha poi
raccontato la storia di Angela (una coppia di origini rumene), che ha
perso il bambino dopo un ricovero, mentre il marito era in Romania.
Lei è stata accusata di essere una
cattiva madre e il marito (che lavora in Italia) di abbandono.
Il figlio era sottopeso per una
disfunzione alla laringe: ma i tempi del tribunale dei minori sono
lunghi e nel frattempo il piccolo sta in una casa famiglia gestita
dalle suore.
Un costo per la famiglia, quando deve
visitare il figlio e per lo Stato.
Un trauma per i bambini, che si sentono abbandonati dalla mamma.
Un trauma per i bambini, che si sentono abbandonati dalla mamma.
Il console rumeno è arrivato ad
una decisione drastica: far tornare la famiglia in Romania, per
evitare l'adozione. Spendiamo 506 m di euro per le rette delle
comunità: 2776 dall'anagrafe non ufficiale del 2006. Ci sono
interessi economici dietro la scelta dei tribunali di affidare i
figli a queste strutture?
Che controlli ci sono in queste
strutture?
Altra storia è quella raccontata da
Sebastienne: era finito in comunità dopo la separazione dei
genitori. Il tribunale dei minori ha fatto delle accuse alla madre,
accuse basate su una relazione che lei ritiene piena di falsità: il
figlio le è stato tenuto lontano, per delle sole chiacchiere.
Francesco Morcavallo, ex giudice del
Tribunale dei minori: è ora uno dei principali accusatori
dell'operato degli ex colleghi: racconta di decisioni prese in base a
relazioni superficiali, di giudici onorari che fanno relazioni ma che
si trovano in conflitto di interesse. Perché hanno quote o
partecipazioni in comunità di accoglienza. Soci, direttori,
fondatori.
Come a Venezia, alla comunità Cedro:
un giudice onorario è sia membro della comunità che relatore di
relazioni per il tribunale.
Spes è un ente pubblico a Padova che
si occupa di minori: il presidente è anche giudice onorario a
Venezia. E nel tempo libero si occupa della struttura.
Per diventare giudice onorario si
deve partecipare ad un bando e decide la CSM: ma sono nomine
clientelari, dice Mauro Imparato, ex giudice, che pure lui denuncia
indagini superficiali e casi di conflitto di interesse.
CSM e il garante dell'infanzia hanno
declinato l'intervista.
Sono 40mila i minori sottratti alle
famiglie: separazioni frutto della crisi, di relazioni dei
servizi sociali fatte in modo frettoloso.
Un ex valutatore delle comunità venete
accusa la regione di fare pochi controlli: pochi e poco approfonditi,
la qualità del servizio non è controllato.
Bambini che vengono allontanati dalle
famiglie originarie e che rischiano di essere adottati.
Il controsenso, dice l'ex giudice
Imparato è che dare 700000 euro in tre anni ad una struttura (che
costa 200 euro al giorno) va bene, dare 20000 euro ad una famiglia è
assistenzialismo. C'è qualcosa che non torna.
Perché, una volta messi in comunità,
i figli a volte vengono trattati come pacchi, passati da famiglie
affidatarie ad altre famiglie affidatarie.
La storia della famiglia Cin è
arrivata alla corte europea, che ha condannato l'Italia per come ha
gestito il caso: anziché togliere il figlio alla mamma, era meglio
aiutare la famiglia. I servizi sciali non sono servizi investigativi
per togliere i bambini, ma per aiutarli.
50 ml di euro è la spesa stanziata per
aiutare le famiglie: siamo gli ultimi in Europa per le spese alla
famiglia. Eppure qui in Italia un bambino su 7 vive in povertà.
E dal 2008 i fondi per le strutture
sociali sono diminuiti di 10 volte: sono oggi poco più di 200 ml.
Significa meno asili, meno bus, meno insegnanti di sostegno e rette più alte. Qui si arriva alla seconda parte del servizio: la rivolta dei passeggini a Viareggio.
Il comune ha un buco di 53 ml di euro: per questo non hanno pagato i politici, ma si sono rifatti sulle famiglie. Rette più care, tagli ai servizi.
Il governo dovrebbe mettere questi
problemi in priorità: sono il nostro futuro, i bambini.
Ma non è solo Viareggio: in tanti
comuni d'Italia siamo all'emergenza dei servizi sociali.
A Roma siamo al minimo storico di nuovi
nati: a Tor di Nona, quartiere popoloso, i bambini ci sono, ma
c'è carenza di asili nido, con 600 domande senza posto.
Se il pubblico è carente, però le
cose private ci sono.
Mancano le strutture sportive, i libri
per la scuola, il sostegno alle famiglie, le cure mediche: “nei
quartieri popolari il welfare è quello tra famiglie”.
La situazione abitativa a Roma è
esplosiva: lo stato non investe nelle case popolari, ma le
lottizzazioni dei private invece vanno avanti. I costruttori
realizzano asili nido, ma il comune non ha soldi per le maestre. E le
scuole rimangono chiuse.
Se i genitori lavorano a chi lasci i
figli, se rischi di perderli?
Dossier sugli asili di
cittadinanzattiva:
un problema che mette assieme nord e sud. Al nord costano, e al sud
trovi solo asili privati.
Si parla di infrastrutture solo in
termini di autostrade, ponti: ma le infrastrutture sociali non
sono al centro della nostra politica.
Che distanza tra la politica e la
realtà che Presa diretta mostra – commentava Riccardo Iacona a
fine servizio,
Il confronto con la Danimarca. Il paradiso delle famiglie con bambini.
Sabrina Carreras è andata in Danimarca, a Copenaghen: il governo danese è quello che spende di più per le famiglie, per tutte le famiglie, ricchi e poveri.
Il confronto con la Danimarca. Il paradiso delle famiglie con bambini.
Sabrina Carreras è andata in Danimarca, a Copenaghen: il governo danese è quello che spende di più per le famiglie, per tutte le famiglie, ricchi e poveri.
Una volta la Danimarca era una nazione
a bassa natalità: per recuperare il gap, lo Stato ha investito negli
aiuti: cure per i bambini gratis, la puericultrice che arriva a casa
ad aiutare le neo mamme.
Ogni famiglia riceve un sussidio (eccetto i super ricchi): sono 300 euro a bambino ogni tre mesi.
Ogni famiglia riceve un sussidio (eccetto i super ricchi): sono 300 euro a bambino ogni tre mesi.
Fino a 18 anni il dentista è gratuito
e anche l'università è gratuita.
Le tasse sono alte, ma sono
investite in servizi che sono percepiti dai cittadini: tasse
proporzionali alla ricchezza.
C'è la casa dei papà dove
questi possono socializzare: perché i papà in Danimarca hanno 1
anno intero per assentarsi dal lavoro, per seguire i figli. Non si
deve scegliere tra lavoro o figli.
Poi ci sono le tante scuole per
l'infanzia, in città e in periferia.
Il 73% dei bambini frequenta asili
(in Italia siamo al 12%): i figli sono un investimento, e lo
stato investe in scuole, insegnanti, per avere poi un giorno degli
adulti consapevoli.
Ci sono perfino asili per genitori che
lavorano di notte: nessuno è lasciato indietro.
Se non ci sono posti negli asili, lo
Stato ti paga la tata.
La Danimarca è un paese che investe
anche nell'edilizia sociale: in Italia siamo ultimi.
Se perdi il lavoro è hai dei figli, hai diritto a dei sussidi, per affitti e cure.
Se perdi il lavoro è hai dei figli, hai diritto a dei sussidi, per affitti e cure.
Anche con la crisi,la riduzione del
welfare è fuori discussione.
Che distanza con l'Italia: qui se hai
figli sei mediamente più povero, lo dice l'Istat.
Fare figli è cosa da ricchi.
Fondo per le famiglie: 313 ml
(Berlusconi l'aveva ridotto a 43 ml), nel 2008 era tre volte tanto.
Fondo infanzia: tagliato del 30% (oggi
ha 30 ml di euro per piccoli progetti nelle grandi città).
Fondo per le politiche abitative:
Berlusconi ha spostato i fondi per darli a chi voleva comprare casa.
Anche il fondo di sostegno all'affitto
è stato decurtato.
Fondi per gli asili: dal 2012 non è
stato stanziato un euro dallo stato: mancano 5500 asili e Renzi ha
messo sul piatto 100 ml di euro, ma solo per il 2015.
Ma siamo anche il paese delle
diseguaglianze: Presa diretta è andata a Perugia a seguire la storia
dell'avvocato Cartasegna, il pensionato più ricco d'Italia.
Ex avvocato del comune, percepisce 651mila euro lordi di pensione all'anno.
Ex avvocato del comune, percepisce 651mila euro lordi di pensione all'anno.
Come è stato possibile?
Negli ultimi anni prendeva uno
stipendio da 1ml di euro l'anno, grazie a degli extra emolumenti
concordati col comune, una sorta di percentuale sulle cause vinte.
Questo spiega la pensione alta.
Gli extra emolumenti erano stati
contestati dall'Inps, ma l'avvocato si è rivolto al TAR e il comune
non si è appellato alla sentenza.
L'avvocato percepiva già un salario
alto: 12000 euro netti, come dipendente di una amministrazione
pubblica. La scelta del comune, gli extra emolumenti, è stata
insensata: Gian Antonio Stella si chiedeva se il comune ne fosse
consapevole? Li ha pagati i contributi?
Nel pubblico alcuni enti hanno pure
evaso: potrebbe avere pure non aver pagato contributi.
E ora che i soldi non ci sono, cosa
facciamo?
Tocchiamo i privilegi acquisiti?
L'occasione di Cottarelli è stata
un'occasione mancata, dice Stella: è stato fatto fuori dalla
burocrazia romana, che si sente intoccabile ancora oggi, nell'era
renziana.
Ma questo sarà tema della prossima
puntata.
Una sperequazione tra due italie.
Quella che diventa
sempre più povera e quella che continua a godere di diritti che non
ci possiamo permettere.
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