Se, si, quanti miliardi sono stati bruciati in questi giorni dalle borse?
E come ne uscirà l'Europa? Più forte o ancora più marginale (espressione del più forte e gli altri zitti e allineati)?
Nell'attesa, Carlo Di Foggia sul FQ ricostruisce i giorni in cui FMI concesse il prestito alla Grecia:
Quando il Fondo accettò di affossare Atene - Carlo di Foggia
Sabato, quattro ore prima che Alexis Tsipras facesse saltare i piani dei creditori, Dominique Strauss-Kahn ammetteva su Twitter: “Sulla Grecia, il Fmi ha fatto degli errori, sono pronto a prendere la mia parte di responsabilità: basta prestiti, serve una riduzione massiccia del debito”.L’ex direttore generale dell’Fmi pensava la stessa cosa anche nel 2010, quando era alla guida dell’istituzione di Washington. Da ieri la Grecia è in default verso il Fondo monetario internazionale. La Ong inglese Jubilee debt campaign ha sottolineato come finora il Fmi abbia ricavato 2,5 miliardi di profitti netti dai suoi prestiti alla Grecia (che salirebbero a 4,3 miliardi entro il 2024), il suo più grande debitore.Fino al 2010, quando esplose la crisi di Atene, a Washington vigeva la regola “basta nuovi casi Argentina”: nel 2001 il default di Buenos Aires fu catastrofico. Il principio era: “I prestiti vanno solo ai Paesi in crisi di liquidità, quelli insolventi devono prima ristrutturare i debiti per far sì che gliaiuti servano”. Nel 2010, con un debito pubblico al 130% del Pil, in mano estera, un deficit/Pil al 15% e un passivo oltre l’11 della bilancia dei pagamenti i dubbi che la Grecia potesse ripagare i prestiti erano forti nello staff tecnico del Fondo, quello che dovrebbe fornire le analisi “i n d i p en d e n t i ” sulla base delle quali il board (l’organo esecu-tivo) prende le decisioni. Così non avvenne.In un report, Paul Blustein, del Centre for International Governance Innovation (Cigi) ha svelato che nei giorni che precedettero la firma del memorandum, membri di primo piano dello staff tecnico incontrarono in gran segreto in un hotel di Washington funzionari dei ministeri delle Finanze di Germania e Francia. Per negoziare una ristrutturazione del debito greco.FU STRAUSS-KAHN a trasci-nare il Fmi nella partita greca, desideroso di far uscire il Fondo dall’irrilevanza seguita al crac Argentino. E accettò tutte le condizioni imposte dai riluttanti Paesi europei: l’istituto si trasformò -scrive Blustein - in un “junior partner” della Troika. I suoi negoziatori non potevano trattare direttamente con i funzionari greci, e nei tavoli erano costretti “a sedere al fianco della Bce, di fronte agli sherpa di Atene, quando invece il Fondo aveva sempre trattato con le banche centrali dei Paesi in difficoltà”. Strauss-Kahn mise la firma così su un piano di austerità “assolutamente irrealistico”, che ha poi costretto i creditori ad accettare un pesante taglio del debito nel 2012,“quando però gran parte diquelli privati, le banche, erano già rientrati dei loro crediti”.Alla vigilia del prestito, il board dell’Fmi cambiò al volo, con una delibera “ad personam”, le sue stesse regole: anche se l’insolvibilità di un Paese era “alta ”, gli si potevano prestare soldi se il suo default avrebbe avuto effetti “sistemici”. Non bastava. Per oliare il tutto, lo staff “addomesticò” le previsioni sull’impatto disastroso dei pesanti tagli di spesa voluti dalla Troika. Il board approvò così il secondo “caso Argentina”. Salvo poi ammettere il bluff nel 2013: il famoso “ci siamo sbagliati sull’austerità in Grecia”. Per Blustein non vi fu errore, ma una scelta deliberata sotto la pressione degli europei.
Nella primavera del 2010, quando Jürgen Stark, membro del comitato esecutivo della Bce sostenne in una riunione che il debito della Grecia era “insostenibile”,e quindi i creditori privati dovevano rimetterci almeno un po’, il presidente Jean-Claude Trichet “esplose”:“Siamo un’unione monetaria, non ci devono essere ristrutturazioni del debito!”.“Ur l a v a ”, ri-corda Stark.I NEGOZIATI segreti saltarono, e si arrivò a maggio alla firma del memorandum. Il Fmi prestò 30 miliardi. Al momento del voto, Paulo Nogueira Batista, il rappresentante del Brasile al Fmi salutò così la decisione: “Questo non è un salvataggio della Grecia, ma un salvataggio dei suoi creditori privati, prevalentemente europei”. Così è stato.
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