Il referendum per cui oggi i cittadini
greci decideranno sul piano di aiuti europei ha riempito tutti gli
spazi dell'informazione. Niente emergenza immigrati. Niente scabbia.
Niente Isis.
Non solo è stata monopolizzata, questa
informazione, ma è stato cambiato il senso e il significato delle
parole.
Oggi buona parte della stampa chiama
antieuropeisti
quelli del fronte del no: da Syriza in Grecia, alla minoranza PD,
alla Lega. Tutti assieme in un unico calderone: Tsipras ha
spiegato più volte come non voglia uscire dall'Euro o dall'Europa
(cosa anche impossibile unilateralmente), ma non importa. Sono
antieuropei, perché esprimono un'idea diversa da quella egemone
dell'Europa.
Non un'insieme di popoli, ma un insieme
di vincoli e trattati.
Si è stravolto il significato di
Europa e europeismo. Oggi significa stare dalla parte del più forte e, per chi è contro, diventare dissenziente,
ribelle.
Nemmeno pochi anni fa, si era
stravolto il senso di antipolitica (lo
scrive Gilioli qui).
E di populismo: chiedere ai cittadini di esprimere la loro
opinione tramite un referendum, non essendo obbligato per legge, è
populismo.
Nascondersi dietro un referendum sulla
(pessima) riforma costituzionale, essendo obbligati per legge e
spacciandolo per gentile concessione del governo, invece cosa è?
Che Europa vogliamo?
Questa, con a capo Juncker (quello del
piano legalizzato di evasione per le multinazionali) e la Merkel (e i
paesi del nord) che si è dimenticata come l'Europa abbia dimostrato
solidarietà nei confronti della Germania quando ha avuto bisogno?
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