Molti dei politici che oggi saranno
presenti alla cerimonia in ricordo del giudice Borsellino (e degli
uomini della sua scorta, si spera) sono gli stessi (o degli stessi
partiti) che hanno prodotto leggi che rendono più difficile la lotta
alla criminalità organizzata e alla mafia.
Come quel deputato in commissione
giustizia, relatore della legge che rende più difficile combattere
il voto di scambio politico mafioso.
Molti degli uomini delle istituzioni
useranno le solite parole da cerimonia: lo stato è qui, è
presente, non abbassiamo la guardia nella lotta alla mafia.
Eppure lo Stato, comunque non tutto lo
Stato, non è stato al fianco di Paolo Borsellino così come non lo
fu con l'amico Falcone. Borsellino, dopo Capaci, non fu ascoltato a
Caltanissetta, non gli fu data l'indagine.
La prevenzione in via D'Amelio,
una strada a senso unico dove il giudice passava quando andava a far
visita alla madre, fu carente. Una svista, un caso?
E sempre dello stesso stato facevano
parte il numero tre del Sisde, Bruno Contrada, 'u dutturi, e il
vicequestore La Barbera, con la sua squadra che costruì la falsa
pista del pentito Scarantino.
Ma quanti stati italiani esistono?
C'è lo stato che oggi si commuove e
piange, e grida mai più. Basta con questa mafia!
E poi c'è anche lo stato che con imafiosi ha trattato, per salvare se stesso, per perpetuare
quel potere che governa parte dello stivale. E che non accetta in
alcun modo di finire alla sbarra, per rispondere del reato di ricatto
ad un corpo dello Stato.
Ci sono i politici che citano le parole
di Falcone e Borsellino (il fresco profumo di libertà .. i
coraggiosi muoiono una volta sola ..) e anche i politici, magari
gli stessi, che si sono fatti eleggere senza guardare troppo in
faccia i portatori di voti. Non si fanno problemi a frequentare
personaggi ambigui.
Ma esiste la presunzione di
innocenza, facciamo fare i processi alla magistratura ..
Ecco, a questi politici, di uno stato
che la lotta alla mafia l'ha in parte dimenticata, bisognerebbe
ricordare le parole dello stesso Paolo Borsellino:
.. si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l'ha condannato, ergo quell'uomo è onesto… e no! [...] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be' ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest'uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest'uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!
Quanti ne conoscete
di politici così, magari in commissione giustizia, che scrivono
leggi che rendono più difficile arrestare i colletti bianchi. Di
candidati regionali o comunali eletti con voti presi dai compari
calabresi. Degli appalti concessi a quell'azienda vicina a quel clan
(per Expo, l'alta velocità).
E potremmo fare tanti altri esempi ..
E potremmo fare tanti altri esempi ..
Basta vedere tutti gli sforzi fatti per bloccare il processo sulla trattativa stato mafia, sugli anni 1992-93.
Oggi, poco prima
delle cinque di un caldo pomeriggio estivo, a ricordare Borsellino e
la sua scorta saranno presenti tutti questi Stati, con tutte queste
facce. E finché questo paese si presenterà con tutte questi volti
ambigui e anche un po' ipocriti, la lotta alla mafia sarà
inefficace.
Sarà, come al
solito, una lotta delegata alle sole forze dell'ordine, alla
magistratura e a poche associazioni di persone libere.
E nel frattempo la nuova mafia
continuerà a crescere: quella capace di fare impresa tramite i
prestanome, quella capace di costruirsi candidati da far entrare nei
palazzi, quella capace di monopolizzare i mercati (nell'accoglienza
dei migranti, nella movimentazione della terra per i cantieri, per i
rifiuti) e far fuori la concorrenza. Mafia capitale, le imprese che hanno
preso gli appalti per Expo, le inchieste sull'alta velocità al nord.
E noi saremo sempre qui a chiederci
ipocritamente dov'è questa mafia? Dove sono i morti? Dove le
coppole?
E anziché il profumo della libertà continueremo a convivere con la puzza del compromesso morale.
Di quella politica che per vincere alle elezioni, si rende complice di questo anti stato.
Che questa rischi
di essere l'ennesima cerimonia sterile sull'antimafia, lo dimostrano
le polemiche sulle intercettazioni tra il presidente Crocetta e il
chirurgo Tutino.
Nell'attesa di
sapere se quelle parole sono state pronunciate e se veramente
Crocetta è stato zitto, a me interessa che non ci si dimentichi
della strage di via D'Amelio.
Perché è stato
ucciso Borsellino? Perché quella strage a così poca distanza da
Capaci? Perché andava fermato il giudice, con un'altra bomba?
A nome di chi hanno
lavorato i poliziotti che hanno costruito la falsa pista Scarantino?
Chi ha suggerito
alla mafia, a Riina, di colpire Falcone alla vigilia delle elezioni
per la presidenza della Repubblica?
Chi gli ha
suggerito i monumenti da colpire (a Firenze e a Roma) ? Perché
Ciampi, dopo quelle bombe di fine luglio 1993, ebbe la sensazione di
un colpo di stato?
Tante sono le
domande ancora senza risposta. Domande a cui è lo stato che deve
rispondere. Sempre quello, però. Quello che si presenterà oggi in
piazza con la doppia faccia.
In via D'Amelio, per servire la Repubblica democratica, sono morti (oltre a Borsellino):
- Agostino Catalano
- Emanuela Loi
- Vincenzo Li Muli
- Walter Eddie Cosina
- Claudio Traina.
Alcune letture:
- L' agenda rossa di Paolo Borsellino di Sandra Rizza, Giuseppe Lo Bianco
- Uomini soli di Attolio Bolzoni
- Le ultime parole di Falcone e Borsellino, di Antonella Mascali
- Milano ordina uccidete Borsellino di Alfio Caruso
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