Falene per il commissario Ricciardi
Il secondo incipit:
Seduto davanti alla notte di settembre, Ricciardi contemplava la sua nuova solitudine.Era una compagna diversa da quella che da sempre conosceva. La solitudine precedente era la consapevolezza di abitare su una linea di confine; un luogo di follia e disperazione, pieno di grida di more e di vita che vibravano solo per i suoi sensi disgraziati.
La solitudine che aveva conosciuto dall'infanzia era un sottile, perenne malessere, un ricordo di dolore che riaffiorava in continuazione per spezzare la superficie di un'esistenza che non poteva essere normale.[..]
Eppure, pensò Ricciardi, questa nuova compagna a confronto della precedente è come il mare rispetto al lago. Non dormiva più di qualche ora a notte, ormai. Lui, che da sempre aveva trovato in un sonno profondo il conforto e il nascondiglio dalle urla mute che gli risuonavano nella testa quando camminava tra morti e vivi, che molesti e insistenti gli frastornavano i sensi.
C'è un primo
incipit, prima del Ricciardi tristemente solitario per la morte di
Rosa e per quel bacio ad Ischia.
L'ultimo romanzo di
Maurizio de Giovanni parte con l'incontro tra un giovane musicista e
un anziano maestro di chitarra, che gli spiega il significato di una
famosa canzone napoletana, Palomma ‘e notte di Salvatore Di
Giacomo. Una canzone che il ragazzo ha sentito e interpretato tante
volte senza mai soffermarsi sul senso della storia che racconta.
Perché questo
fanno le canzoni, raccontano una storia.
Una storia d'amore,
di un uomo che respinge una falena, per evitare che arrivi a
bruciarsi con la fiamma della candela che la sta attirando. Un uomo
che rischia lui stesso di bruciarsi nella fiamma, pur di scacciare
questa “Palomma”. Metafora di un amore che non è possibile
vivere, che si deve scacciare via, per non far soffrire l'amata o per
non voler troppo soffrire …
E in questa storia
incontreremo tante falene e tante fiamme d'amore da cui fuggire.
Per un amore non
corrisposto, per un amore sempre sognato, per un amore impossibile.
L'amore da cui lo stesso Ricciardi deve scappare, per l'inferno che
si porta dentro, la sua capacità di assistere al “Fatto”.
Rivedere i volti e risentire le voci dei morti in modo tragico,
congelati negli ultimi istanti di vita. È questo l'orrore che la
sempre costretto a vivere da solo, scacciando via tutte le donne che
si sono lasciate stregare da quegli occhi così verdi, così
enigmatici.
Enrica, la ragazza
della finestra di fronte.
Livia, la bella
soprano dalle amicizie altolocate.
La morte di Rosa,
la sua tata, che l'ha cresciuto e gli ha fatto per anni da vice
madre, l'ha lasciato solo. Ancora più solo. A rincorrere il sonno e
la luce del giorno, in notti come questa di settembre
“Addormentatevi tranquilli, allora. E sognate pure.
Perché non sognerete nulla di quello che vi aspettate, mentre le vostre mani si allungheranno nel sonno a cercare una coperta che vi ripari dal freddo improvviso che entrerà, a tradimento, dallo spiraglio che avete lasciato, esponendo così la vostra anima. La vostra anima di vetro.”
L'occasione per uscire da questo stato è un'indagine che in realtà non è una vera indagine. La contessa Bianca di Roccaspina gli si presenta in ufficio per chiedergli di indagare sull'omicidio dell'avvocato Piro, un usuraio che prestava soldi anche ai nobili decaduti, come il marito il conte Romualdo, che aveva sperperato la sua fortuna col vizio del gioco. Il caso, di pochi mesi prima, si chiuse in fretta perché Romualdo confessò il delitto: dunque caso chiuso e indagini che non sono andate oltre i primi passi.
Eppure la signora,
che pure non dormiva più assieme al marito e che considerava chiuso
per sempre il loro rapporto, è sicura della sua innocenza.
Bianca, che aveva
conosciuto Ricciardi per un'omicidio di un santone (“La condannadel sangue”), ha bisogno di sapere la verità, come se questa
la potesse liberare da un peso sulla coscienza, come se dietro quella
confessione ci fosse un qualcosa, un senso di colpa.
Chiaramente è un
“caso” complicato: non si può fare domande alla luce del
sole, per non avere problemi coi vertici della Questura, coi
colleghi.
- No, non smetterò, signora. Perché so che cosa vuol dire sentirsi in galera pur essendo a piede libero. So cosa vuol dire essere prigionieri di sé stessi. So cosa vuol dire fissare un soffitto aspettando che vengano l'alba o il sonno, e non vedendo arrivare nessuno dei due.
Ma Ricciardi in
qualche modo crede alle parole della contessa e si getta nelle carte,
a fare domande alla famiglia del morto, a visitare la casa dei
Roccaspina (che testimonia una caduta nella povertà, per i soldi
buttati via):
“Era come cercare qualcosa in un cassetto vuoto.
E tuttavia gli pareva di essere tornato vivo, concentrato su qualcos'altro che non fosse la sua angosciosa, nuova solitudine”.
Il morto era un avvocato napoletano, un
borghese che era diventato ricco prestando soldi (prendendoli dalle
casse delle proprietà di cui era amministratore), un usuraio. Uno
che ambiva ad entrare nel mondo della nobiltà, dei potenti e che per
questo si era fatto molti nemici. In molti avrebbero avuto un buon
motivo per farlo fuori.
Le domande di Ricciardi non portano a
molti risultati: né dalla famiglia del morto, né dall'amico Modo
che ha osservato il cadavere come medico legale:
“- La tua teoria, Ricciardi. Quella che mi hai spiegato tanto tempo fa. La gente ammazza per fame o per amore. Intendendo per fame il bisogno materiale e per amore tutti i sentimenti. Questo omicidio di chi è figlio? Della fame o dell'amore?
Ricciardi rifletté a lungo. Alzò il bicchiere e ammirò controluce il colore del vino. Poi sussurrò:
- Fame, credo. Era uno strozzino, prestava i soldi e li esigeva minacciando scandali. È un delitto di fame, di arroganza e di potere, di prostrazione e di disperazione.
Modo aveva bevuto all'incirca quanto Ricciardi, ma a differenza del commissario sembrava parecchio ubriaco. Biascicava.
- Cerca la fame, dunque. Cerca di capire perché e per quale via la fame può essere all'origine di quanto è accaduto.”
Ricciardi, assieme all'aiuto di Maione,
alle confidenze di Bambinella (il travestito che è anche confidente
del brigadiere che raccoglie le voci dei quartieri), in questa
indagine “non autorizzata” arrivano a scoprire la verità
sull'omicidio Piro. Una storia di avidità, ma anche di amori, al
plurale. Amori impossibili e amori che avrebbero potuto essere e non
sono stati.
“Era la fretta che lo disturbava nel caso Piro. Troppa fretta da parte di tutti. Come se ogni soggetto in causa fosse fosse stato ben lieto di stornare l'attenzione da quell'omicidio e di passare ad altro.Una fretta che non dipendeva da una strategia progettata per nascondere qualcosa, piuttosto era la coincideva di interessi diversi.Quella della famiglia Piro, alla quale certo non faceva piacere che si indagasse su come si era arricchito l'avvocato. Quello della polizia, che non aveva alcun bisogno di un delitto sbattuto a lungo sulle prime pagine dei giornali mentre Roma pretendeva di diffondere l'immagine di un paese in cui vigevano ordine e benessere. Quello dell'alta società, che in un sol colpo era riuscita a liberarsi di un losco usuraio e di un conte disgraziato e in miseria”.
Ma questa indagine è solo un pezzo di
questo libro, che considero un interludio, un ponte, nella vita del
commissario Ricciardi. Perché, diversamente rispetto agli altri
romanzi, questo è il meno giallo tra tutti. Un'indagine che in
realtà non lo è, per un delitto avvenuto mesi prima di cui
Ricciardi non rivive nemmeno “il fatto”, l'ultima frase
del morto.
In “Anime di vetro”
l'aspetto personale, intimo di Ricciardi e degli altri personaggi
quasi prevale sulla parte investigativa.
Anime di vetro perché trasparenti ma
anche fragili, capaci di frantumarsi in mille pezzi.
Parliamo dell'aspetto sentimentale del
nostro commissario, ma anche di Enrica e di Livia. Di Bianca.
“Non riusciva a capire a cosa servisse tutto quel mare”.
Ma, attenzione.
Sono anche gli anni ruggenti del fascismo, che stava cambiando la
forma dello stato, delle istituzioni, delle città, con le nuove
costruzioni che dovevano celebrare i fasti e la grandiosità del
regime.
Due occhi attenti
osservano i movimenti del commissario Ricciardi e delle persone che
stanno attorno. Gli occhi discreti di quella polizia segreta del
regime che sorveglia amici e nemici.
E questa volta
Ricciardi si troverà ad un passo da un grave pericolo …
Ma la storia non è finita. Buona lettura!
Ma la storia non è finita. Buona lettura!
La scheda del libro
sul sito di Einaudi.
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