Sicurezza nei confronti del terrorismo, nei confronti degli immigrati, contro l'invasione..
Una volta questa parola aveva anche altri significati ad oggi passati nel dimenticatoio: la sicurezza di un posto fisso, di una vita tranquilla.
Un lusso che non ci possiamo permettere, ci dicono, nell'epoca del precariato (che serve per essere attrattivi nei confronti degli investitori) e del boom del voucher.
Ma la cronaca di questi giorni ci racconta di altri pezzi di sicurezza che abbiamo perso.
Gli arresti per l'inchiesta sulla ndrangheta e le sue infiltrazioni nel Terzo Valico: inchiesta che racconta di come le cosche entrino negli appalti delle grandi opere (inutili e costoso e dunque molto amate dai signori del si), di come le cosche siano capaci di avvicinare i politici anche a livello nazionale come i senatori di GAL (Caridi era già indagato nell'inchiesta sulla struttura di vertice della ndrangheta in Calabria).
Lucio Musolino e Ferruccio Sansa su Il fatto quotidiano:
Il Terzo Valico, tanto per cominciare: “Dalle intercettazioni–r ac-conta il procuratore di ReggioCalabria, Federico Cafiero De Raho –rileviamo l’interesse degli imprenditori prestanome della cosca a sostenere finanziariamente il movimento Sì Tav per creare nell’opinione pubblica un orientamento favorevole per quell’opera”. La ’ndrangheta sfrutta “il difficile inizio dei lavori, ostacolato dalle iniziative in-traprese dal comitato NoTav ”, scrive il gip Barbara BennatoE la sicurezza nei confronti del terrorismo? Possiamo essere sicuri contro la minaccia dell'Isis con un ministro dell'Interno che comunica ai media le indagini prima che vengano eseguite dai pm facendo infuriare il procuratore anti mafia Roberti. "Le indagini prima si fanno, poi si comunicano" - diceva il procuratore, riferendosi all'annuncia di una pista pugliese per l'attentatore di Nizza.
E che dire dell'intervista di Matteo Renzi su Sky secondo cui "grazie all’intelligence, l’Italia ha sventato almeno due o tre attentati".
Attentati di cui la procura non ne sapeva nulla e che dunque fanno nascere tanti pensieri. Siamo tornati ai tempi di Piazza Fontana quando il SID si guardava di passare le carte alla procura di Milano? Oppure è solo l'ennesimo spot propagandistico?
Quanto siamo sicuri in un paese in cui ancora non esiste il reato di tortura? Uno stato di diritto, una democrazia vera, è tale anche perché (diversamente dai califfati dell'Isis) le forze dell'ordine rispettano l'incolumità delle persone in loro custodia.
Diversamente da quanto è successo a Genova nelle notti cilene del luglio 2001.
Pare che in Italia, gli stessi politici della sicurezza, questo reato non lo vogliano proprio, come nemmeno vogliono la riforma della prescrizione che, come è formulata oggi, manda in fumo tanti processi (sempre alla faccia del diritto alla giustizia..).
Tutto questo succede nei giorni in cui si celebra l'anniversario della strage di via D'Amelio e la morte del giudice Borsellino, coi tanti misteri attorno ai mandanti, al depistaggio di stato e al cui prodest.
Ma ora grazie alla riforma costituzionale saremo un paese più stabile, capace di dare le risposte giuste ai problemi delle persone. Forse anche a quelli di sicurezza.
Batsa intendersi di che sicurezza stiamo parlando.
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