Gli ultimi dieci anni sono stati duri per il mondo del giornalismo, soprattutto a livello locale. Oltre una decina di quotidiani cittadini ha chiuso i battenti. Nel 2014 gli introiti delle testate giornalistiche sono stati meno della metà rispetto a dieci anni fa e migliaia di cronisti hanno perso il lavoro. Certo, c'è stata la rivoluzione online. Molti sosterrebbero che attualmente abbiamo a nostra disposizione molte più informazioni che in passato e che dunque non abbiamo più bisogno del giornalismo investigativo tradizionale.Noi non siamo d'accordo.[Tradimento, Il caso Spotlight, edizioni Piemme]
Domenica scorsa scrivevo di un mondo
che sembra aver preso una accelerazione senza controllo: il
terrorismo, gli spari contro i poliziotti, l'Isis e il terrore
dell'Isis, l'assurdo attentato a Nizza e poi il fallito golpe in
Turchia.
Questa settimana l'accelerazione è
andata avanti con le purghe del democratico Erdogan contro
magistrati, professori, giornalisti facendo nascere più di un
sospetto che certe liste fossero già state scritte prima del golpe
dei militari del 15 luglio.
La nomination ufficiale per il partito
repubblicano di Donal Trump per le presidenziali, in una convention
dove erano presenti, oltre ai parenti del miliardario, anche groppuscoli religiosi come quelli che esultano per la morte dei gay. E dove non
erano presenti i senatori "storici" del partito.
Abbiamo scoperto, molto dopo, che a
Nizza non erano presenti sufficienti misure di sicurezza, che forse
il lupo solitario non era così solitario e che aveva studiato per
tempo l'operazione. Rimanendo, lui e i suoi contatti, fuori dai radar
dell'intelligence.
In Germania c'è stato un primo
episodio di terrorismo, il profugo che ha assalito la famiglia cinese
su un treno. E, infine, la sparatoria del ragazzo di origini iraniane
fuori dal Mc Donald in centro a Monaco.
Venerdì, nel tardo pomeriggio, è
stato il caos informativo sui mezzi di informazione e, ovviamente,
sui social.
Terrorismo. I signori dello scontro di civiltà con l'Islam erano già sicuri: Formigoni, Nicola Porro, Magdi
Allan, Salvini ... siamo sotto attacco, dobbiamo reagire.
Per ore si è parlato di tre
attentatori che avevano sparato e che poi si erano dileguati per le
strade di Monaco. Lo stesso modus operandi di Parigi e di Bruxelles.
Ci sono volute ore per inquadrare la
strage di Monaco nella sua corretta cornice (il ragazzo con problemi personali che alla fine ha deciso di farsi giustizia da solo) distante dal terrorismo
islamico e di estrema destra.
Ma il caos della comunicazione, anche
da parte dei media tradizionali, quelli che dovrebbero essere cauti
nello scrivere, è servito a far crescere ancora di più la paura nei
confronti di possibili attacchi (.. e ora dove colpiranno .. quando
toccherà anche in Italia ..) e dall'altra parte la voglia di
sicurezza.
Dove per sicurezza si intende maggiore
presenza di militari e poliziotti nelle strade e nei luoghi a
rischio, come ha fatto Hollande in Francia, coi riservisti.
Servirà questo a renderci veramente
più sicuri, quando prenderemo un treno, o entreremo in un aeroporto
per fare la coda al check in, o la coda in un museo..?
Dopo le stragi di Parigi e a Bruxelles
si era chiesto di arrivare ad un'unica intelligence europea, almeno
ad un maggiore scambio di informazioni tra le polizie dei paesi.
Si era chiesto, e lo aveva detto anche
il nostro Presidente del Consiglio, serviva investire anche in
cultura e integrazione. Ogni euro speso in sicurezza deve avere anche
un euro investito nelle scuole, nelle periferie.
Non tutto quanto promesso è stato
fatto: la Francia ha allungato la fase di emergenza (lo stesso in
Turchia) e l'argomento immigrazione (e gestione dei profughi) è
costantemente argomento di tifo politico (non parlo di discussione,
intendo proprio di tifo).
Tanto che questo ha bloccato, magari
non direttamente, l'approvazione della legge sul reato di tortura.
Nei giorni dove diciamo che dobbiamo
difendere i nostri valori, che non dobbiamo abbassarci allo stesso
livello dei terroristi, serve aver presente quali sono questi valori.
Per esempio quelli calpestati nella
notte cilena di Genova durante il G8, i pestaggi alla Diaz e le violenze anche
psicologiche a Bolzaneto.
Violenze per cui nessun poliziotto ha
pagato fino alla sentenza della magistratura, con le pene accessorie
che hanno sospeso dal corpo i dirigenti condannati (e che pure
avevano fatto carriera).
Se dobbiamo difendere i nostri valori e
vogliamo dirci veramente democratici (non come Al Sisi per il caso
Regeni, non come Erdogan che imprigiona i giornalisti), serve questa
legge che consenta alle forze dell'ordine di agire, anche con le
durezze richieste dalla situazione. Ma che non consenta mai più i
fatti di Genova.
Tutto questo discorso per tornare al
libro da cui sono partito, "Tradimento", il libro
sull'inchiesta portata avanti dal team Spotlight del Boston Globe,
sul "sistema" degli abusi nell'arcidiocesi di Boston. Le
coperture del cardinale Bernard Law, i preti che venivano spostati da un
posto all'altro, un sistema di omertà e coperture di cui tutti
sapevano ma di cui nessuno voleva parlare.
È servita l'inchiesta dei giornalisti
del Globe, che si misero contro la curia e una parte della città,
per mettere nero su bianco e una volta per sempre i fatti.
Un'inchiesta che è raccontata anche
dal bel film, "Il caso spotlight" che rimane un bel
film sul mestiere del giornalismo: un lavoro fatto anche con carta e
penna se serve, dove si deve camminare e faticare per seguire e
cercare le fonti. Incrociare i dati, trovare conferme, studiare.
Insomma, un lavoro che costa molta più
fatica che non starsene comodi negli uffici a twittare sciocchezze
che alimentano la pancia del paese.
Nell'epoca dei social, della
globalizzazione, non è vero che c'è più informazione.
Un'informazione che ci racconterebbe
come il nostro paese e l'Europa abbia già vissuto momenti drammatici
come questo. Si citava il film Munich, venerdì sera, con la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972 (e le Olimpiadi che andarono avanti come se nulla fosse). Un paragone fuori luogo, visto
quanto si è scoperto.
Forse sarebbe stato più corretto
citare la strage di Utoya, di quel Breivik che voleva fare pulizia
nel mondo.
Ma, ripeto, per questo serve un sistema
di informazione che non abbia la fretta di occupare il presente e la
scena per dare ora e subito tutte le informazioni.
E servirebbe una classe politica che
abbia la forza di guardare a lungo termine e non solo i sondaggi e le
prossime elezioni.
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