24 luglio 2016

Per comprendere i fatti nel mondo globalizzato

Gli ultimi dieci anni sono stati duri per il mondo del giornalismo, soprattutto a livello locale. Oltre una decina di quotidiani cittadini ha chiuso i battenti. Nel 2014 gli introiti delle testate giornalistiche sono stati meno della metà rispetto a dieci anni fa e migliaia di cronisti hanno perso il lavoro. Certo, c'è stata la rivoluzione online. Molti sosterrebbero che attualmente abbiamo a nostra disposizione molte più informazioni che in passato e che dunque non abbiamo più bisogno del giornalismo investigativo tradizionale.Noi non siamo d'accordo.[Tradimento, Il caso Spotlight, edizioni Piemme]

Domenica scorsa scrivevo di un mondo che sembra aver preso una accelerazione senza controllo: il terrorismo, gli spari contro i poliziotti, l'Isis e il terrore dell'Isis, l'assurdo attentato a Nizza e poi il fallito golpe in Turchia.
Questa settimana l'accelerazione è andata avanti con le purghe del democratico Erdogan contro magistrati, professori, giornalisti facendo nascere più di un sospetto che certe liste fossero già state scritte prima del golpe dei militari del 15 luglio.
La nomination ufficiale per il partito repubblicano di Donal Trump per le presidenziali, in una convention dove erano presenti, oltre ai parenti del miliardario, anche groppuscoli religiosi come quelli che esultano per la morte dei gay. E dove non erano presenti i senatori "storici" del partito.
Abbiamo scoperto, molto dopo, che a Nizza non erano presenti sufficienti misure di sicurezza, che forse il lupo solitario non era così solitario e che aveva studiato per tempo l'operazione. Rimanendo, lui e i suoi contatti, fuori dai radar dell'intelligence.
In Germania c'è stato un primo episodio di terrorismo, il profugo che ha assalito la famiglia cinese su un treno. E, infine, la sparatoria del ragazzo di origini iraniane fuori dal Mc Donald in centro a Monaco.
Venerdì, nel tardo pomeriggio, è stato il caos informativo sui mezzi di informazione e, ovviamente, sui social.
Terrorismo. I signori dello scontro di civiltà con l'Islam erano già sicuri: Formigoni, Nicola Porro, Magdi Allan, Salvini ... siamo sotto attacco, dobbiamo reagire.


Per ore si è parlato di tre attentatori che avevano sparato e che poi si erano dileguati per le strade di Monaco. Lo stesso modus operandi di Parigi e di Bruxelles.

Ci sono volute ore per inquadrare la strage di Monaco nella sua corretta cornice (il ragazzo con problemi personali che alla fine ha deciso di farsi giustizia da solo)  distante dal terrorismo islamico e di estrema destra.
Ma il caos della comunicazione, anche da parte dei media tradizionali, quelli che dovrebbero essere cauti nello scrivere, è servito a far crescere ancora di più la paura nei confronti di possibili attacchi (.. e ora dove colpiranno .. quando toccherà anche in Italia ..) e dall'altra parte la voglia di sicurezza.
Dove per sicurezza si intende maggiore presenza di militari e poliziotti nelle strade e nei luoghi a rischio, come ha fatto Hollande in Francia, coi riservisti.
Servirà questo a renderci veramente più sicuri, quando prenderemo un treno, o entreremo in un aeroporto per fare la coda al check in, o la coda in un museo..?

Dopo le stragi di Parigi e a Bruxelles si era chiesto di arrivare ad un'unica intelligence europea, almeno ad un maggiore scambio di informazioni tra le polizie dei paesi.
Si era chiesto, e lo aveva detto anche il nostro Presidente del Consiglio, serviva investire anche in cultura e integrazione. Ogni euro speso in sicurezza deve avere anche un euro investito nelle scuole, nelle periferie.
Non tutto quanto promesso è stato fatto: la Francia ha allungato la fase di emergenza (lo stesso in Turchia) e l'argomento immigrazione (e gestione dei profughi) è costantemente argomento di tifo politico (non parlo di discussione, intendo proprio di tifo).
Tanto che questo ha bloccato, magari non direttamente, l'approvazione della legge sul reato di tortura.
Nei giorni dove diciamo che dobbiamo difendere i nostri valori, che non dobbiamo abbassarci allo stesso livello dei terroristi, serve aver presente quali sono questi valori.
Per esempio quelli calpestati nella notte cilena di Genova durante il G8, i pestaggi alla Diaz e le violenze anche psicologiche a Bolzaneto.
Violenze per cui nessun poliziotto ha pagato fino alla sentenza della magistratura, con le pene accessorie che hanno sospeso dal corpo i dirigenti condannati (e che pure avevano fatto carriera).
Se dobbiamo difendere i nostri valori e vogliamo dirci veramente democratici (non come Al Sisi per il caso Regeni, non come Erdogan che imprigiona i giornalisti), serve questa legge che consenta alle forze dell'ordine di agire, anche con le durezze richieste dalla situazione. Ma che non consenta mai più i fatti di Genova.

Tutto questo discorso per tornare al libro da cui sono partito, "Tradimento", il libro sull'inchiesta portata avanti dal team Spotlight del Boston Globe, sul "sistema" degli abusi nell'arcidiocesi di Boston. Le coperture del cardinale Bernard Law, i preti che venivano spostati da un posto all'altro, un sistema di omertà e coperture di cui tutti sapevano ma di cui nessuno voleva parlare.
È servita l'inchiesta dei giornalisti del Globe, che si misero contro la curia e una parte della città, per mettere nero su bianco e una volta per sempre i fatti.
Un'inchiesta che è raccontata anche dal bel film, "Il caso spotlight" che rimane un bel film sul mestiere del giornalismo: un lavoro fatto anche con carta e penna se serve, dove si deve camminare e faticare per seguire e cercare le fonti. Incrociare i dati, trovare conferme, studiare.
Insomma, un lavoro che costa molta più fatica che non starsene comodi negli uffici a twittare sciocchezze che alimentano la pancia del paese.
Nell'epoca dei social, della globalizzazione, non è vero che c'è più informazione.

Un'informazione che ci racconterebbe come il nostro paese e l'Europa abbia già vissuto momenti drammatici come questo. Si citava il film Munich, venerdì sera, con la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972 (e le Olimpiadi che andarono avanti come se nulla fosse). Un paragone fuori luogo, visto quanto si è scoperto.
Forse sarebbe stato più corretto citare la strage di Utoya, di quel Breivik che voleva fare pulizia nel mondo.
Ma, ripeto, per questo serve un sistema di informazione che non abbia la fretta di occupare il presente e la scena per dare ora e subito tutte le informazioni.

E servirebbe una classe politica che abbia la forza di guardare a lungo termine e non solo i sondaggi e le prossime elezioni.

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