Ci sono i partigiani buoni, che
voteranno sì al referendum di novembre sulla riforma costituzionale.
Ci sono poi i partigiani cattivi, che
non vogliono cambiare nulla e che, anzi, votano come casa pound e i
berlusconiani.
Ci sono quelli che #bastaunsi che
sono i veri difensori della Costituzione, che darà maggiore
stabilità al paese, per combattere il terrorismo e come chiedono
anche imprenditori (con sede legale all'estero) come Marchionne.
E poi ci sono i gufi, gli archeologi,
che votano no perché è facile dire no, perché non hanno proposte
..
Questo un sunto dei messaggi del fronte
del sì, da Renzi al ministro Boschi (l'ultima è di ieri sera, alla festa de l'Unità a Milano): una summa di menzogne,
disonestà intellettuali, cattiverie che non fanno altro che
avvelenare l'acqua nei pozzi.
Piuttosto che entrare nel merito e
spiegare che questa riforma non toglierà il bicameralismo (che
rimarrà imperfetto e pasticciato), andrà in direzione contraria al
federalismo, toglie rappresentatività ai cittadini, non taglia in
modo significativo i costi della politica, concentra il potere nelle
mani dell'esecutivo, si preferisce buttarla in caciara.
Quelli che stanno cambiando la
Costituzione non la stanno affatto difendendo, avendone tradito lo
spirito e avendola approvata a colpi di canguri e di blitz notturni.
Il fronte del no è tanto variegato
come il fronte del si (da Marcello Pera, Verdini ai renziani ante
leopolda).
Nel fronte del no, oltre a partiti che
faranno campagna per mandare a casa il governo, ci sono anche
costituzionalisti come Zagrebelsky che nel passato avevano
mandato le loro proposte di riforma al governo. Inascoltati.
Il libro “Perché no” di
Marco Travaglio e Silvia Truzzi raccoglie le ragioni del no e spiega
come c'erano alternative a questo pastrocchio.
Le alternative c'eranoPartiamo da un principio semplice semplice: la carta costituzionale si può cambiare, prescindendo dai principi della prima parte che dovrebbero rimanere intoccabili e che ancora aspettiamo la loro attuazione.
Molti dei costituzionalisti del no erano pure favorevoli a riformare gli assetti del nostro paese e avevamo proposto al governo le loro idee. Purtroppo inascoltati.Così è successo per le proposte di Zagrebelsky che proponeva un senato di garanzia di eletti, non rieleggibili, con criteri di esperienza e di non incompatibilità.Una camera eletta col criterio maggioritario, senza nominati e su collegi uninominali e un Senato di garanzia che si attiva su alcune leggi per attivare la procedura bicamerale paritaria.Azzariti, docente di Diritto Costituzionale a Roma, proponeva direttamente l'abolizione del Senato e un'unica Camera eletta in modo proporzionale (che era poi la proposta anche di Berlinguer e Ingrao, oggi citati a sproposito).Anche Massimo Villone, professore di Diritto Costituzionale a Napoli, proponeva l'abolizione del Senato o, in alternativa, la trasformazione verso una repubblica presidenziale vera. Ma con un meccanismo di controlli per avere “un governo forte, ma anche un popolo non di sudditi ma di cittadini”.Alessandro Pace, professore emerito della Sapienza a Roma, era dell'idea di trasformare il Senato in organo solo consultivo, poiché non eletto.
Insomma c'erano diverse alternative al “pastrocchio” del Senato non eletto, con poteri legislativi, composto anche da persone scelte dal presidente della Repubblica (perché?), con tanto di immunità ma che non rappresenterà i territori.
Il rammarico di questa occasione persa è nelle parole di Lorenza Carlassare, professore emerito a Padova: “nessuno difendeva il bicameralismo paritario, l'accordo sulla sua modifica era pressoché unanime. Bastava procedere sulle vie indicate dalla Costituzione [..] Le Costituzioni sono fatte per durare, non le si può cambiare secondo gli umori della maggioranza del momento”.
Niente da fare: professoroni, gufi, archeologi della Costituzione.
Anche la proposta del Fatto Quotidiano stesso, lettera morta: non è vero che chi è per il no sia contrario ai cambiamenti in sé, dunque. La domanda da porsi è perché sono stati bloccati i tentativi di mediazione, di dialogo, a suon di ghigliottine o canguri.Fino ad arrivare alla situazione ridicola di oggi dove, dopo la batosta alle elezioni amministrative (la sconfitta a Roma, Napoli e Torino), si torna a parlare di modifiche all'Italicum e a considerare l'ipotesi di spacchettare i quesiti.
Ora, avendo di fronte lunghi mesi
prima del voto, mi chiedo cosa ancora ci toccherà ascoltare,
contro l'Anpi, contro la minoranza PD (che riesce comunque a
ridicolizzarsi da sola), contro i costituzionalisti del no, contro
quei pochi giornalisti che danno spazio a tutti.
Da una parte si invoca lo spirito di
unità nazionale, per far fronte all'emergenza terremoto, senza un
piano, senza un sistema legislativo che indichi come costruire e come
controllare, col solito meccanismo del commissario.
Dall'altra si continua con questi
attacchi, con gli spot (fertility day, piano Italia..), giocando sui
numeri, i decimali di PIL e di crescita occupazionale (nei lavoratori
anziani).
Non ne usciremo fuori, in questo modo.
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