Caro diario,
mi sono chiesto cosa sia
cambiato in questi quindici anni dall'11
settembre 2001.
L'attacco alle Torri Gemelle in modo
così scenografico. Le migliaia di morti in diretta TV.
La scoperta di essere così
vulnerabili, a casa nostra.
Dal 2001 abbiamo assistito a guerre,
tutte in difesa dei nostri valori, almeno sulla carta.
Guerre che hanno colpito civili, che
hanno reso il mondo meno sicuro, che hanno fatto da serbatoio a nuovi
terrorismi.
In Afghanistan, in Iraq non abbiamo
esportato alcuna democrazia.
Al Qaeda ha figliato Daesh o Isis. In
Africa Boko Haram, nei paesi dove pure sono presenti le
multinazionali europee.
Ci siamo alleati, per combattere il
terrore, con personaggi discutibili come Gheddafi, come il turco
Erdogan.
Abbiamo tollerato Assad in Siria,
chiudiamo gli occhi su Al Sisi in Egitto, ora stiamo aprendoci
all'Iran.
Abbiamo accettato l'atteggiamento
ambiguo del Pakistan, dei paesi Arabi, che da una parte finanziano
Isis dall'altra entrano nei paesi europei a colpi di petroldollari.
Sempre in nome della difesa dei nostri
valori, siamo pronti ad altre guerre, ad altre crociate. Mandiamo
soldati in Libia e sul fronte iraqeno, ma senza dirlo troppo in giro,
questa volta.
Perché, rispetto al 2001, è cambiato
il mondo, in peggio.
Le parole democrazia, diritti civili,
solidarietà sono passare di moda.
Si alzano muri, si chiudono le
frontiere, si temono invasioni di disgraziati in fuga da miseria e
guerra.
Prima noi.
Un personaggio imbarazzante come Trump
può permettersi di candidarsi a presidente. Non bastava aver già
avuto uno come Bush.
Make America great again … a
colpi di muri, protezionismo, deregulation, meno tasse ai ricchi,
prove di forza.
Piace l'uomo forte perché ci dice le
cose che la nostra pancia vuole ascoltare. Perché dice cose che
possono essere comprese da tutti, anche dai bambini. Non si deve
riflettere.
Il mondo è più diseguale, meno
giusto, meno stabile (e se è stabile è perché c'è un dittatore a
pensarci), meno civile, specie nei paesi del terzo mondo.
Qui, le tante iniziative che cercano di
aiutare questa parte del pianeta sono legate ad iniziative di
filantropi, slegate dai governi nazionali, presunte democrazie.
Bill Gates in Africa: “invece
che distribuire soldi con l’obiettivo di migliorare il mondo, hanno
iniziato a finanziare lo sviluppo di prodotti [..]
Reinvent the toilet, ripensare il
bagno, magari non una priorità nella Silicon Valley ma un’esigenza
piuttosto sentita da quei 2,5 miliardi di persone che ogni giorno
fanno i loro bisogni all’aperto” (da La
politica non serve a niente, di Stefano Feltri).
La Unilever in India: “Unilever
è una multinazionale, vende tante cose. Una volta decise di vendere
saponette a chi non ha soldi, in un posto dove non ci sono nemmeno
negozi. Se non hai i soldi e non ci sono i saponi, le mani non te le
lavi e i primi a morire sono i bambini. Cominciarono dall’India”
(Report,
Solution
revolution – di Michele Buono).
Tempi difficili ci
aspettano.
Di quell'11
settembre e della lotta al terrore cosa rimane?
Che insegnamento
abbiamo tratto, dalle guerre contro Osama e contro Al Qaeda?
Riusciremo a fare un
passo avanti oltre la retorica dell'anniversario, degli eroi per
pensare ad un mondo dove tutti hanno gli stessi diritti e una
speranza?
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