Numeri non chiacchiere. Come le chiacchiere dell'opposizione, del fronte del no, dei soliti gufi e rosiconi.
Poi, se uno vuole capire se questi dati sono veri e non una rappresentazione di comodo della realtà, dove si è preso solo quello che interessava per lo story telling, può leggersi questo articolo:
“Numero occupati: ieri 22,180 milioni, oggi 22,765 milioni“, recita la prima slide. Si tratta dei dati Istat sull’andamento complessivo dell’occupazione dipendente e indipendente. Ne seguono altre che rivendicano il calo della disoccupazione complessiva dal 13,1 all’11,4% e di quella giovanile 43,6 al 39,2%. Il confronto tra i numeri del febbraio 2014 e quelli del luglio 2016 è incontestabile, anche se nel frattempo l’istituto di statistica ha rivisto le serie storiche per cui ora i senza lavoro, nel mese in cui Renzi entrò a Palazzo Chigi, sono dati a quota 12,8% in assoluto e 43,1% tra i giovani. Ma soprattutto, i dati scelti dal governo sorvolano su aspetti cruciali.Punto primo: un anno (il 2015) di sgravi contributivi del 100% sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato ha indubbiamente spinto i contratti stabili. Che nel complesso sono saliti dai 14,44 milioni del febbraio 2014 ai 14,85 di luglio 2016. Ma a quale prezzo per le casse dello Stato? A regime, stando ai calcoli della ricercatrice Marta Fana, dottoranda in Economia a Sciences Po Paris, il costo oscillerà tra i 14 e i 22 miliardi di euro a seconda di quanto dureranno i nuovi contratti (occorre ricordare che il Jobs Act ha cancellato le tutele dell’articolo 18). Nel frattempo, il traino degli incentivi sta già venendo meno.E comunque, se uno non vuole perdersi in questo acquazzone di numeri, ci sono sempre i dati Istat.
Punto secondo: mentre la disoccupazione giovanile resta a livelli drammatici (39,2% tra i ragazzi che un lavoro lo cercano, ma quasi 600mila sono totalmente inattivi e altri 700mila “hanno interrotto l’azione di ricerca attiva”), l’occupazione sta aumentando solo tra gli over 50. Basta guardare i numeri, come auspica Renzi: a febbraio 2014 erano al lavoro 6,926 milioni di persone con più di 50 anni di età, a luglio 2016 sono 7,815 milioni. Negli stessi 30 mesi gli under 49 al lavoro sono calati da 15,253 a 14,941 milioni. I 25-34enni al lavoro sono ora solo 4 milioni contro i 4,12 del febbraio 2014, i 35-49enni 9,9 milioni contro 10,2. Solo nell’ultimo anno (luglio 2015-luglio 2016) l’occupazione over 50 è salita di 402mila unità mentre quella dei più giovani è scesa di 134mila. Insomma: l’effetto della riforma Fornero si fa sentire sul mercato del lavoro più di Jobs Act e sgravi.
Crescita zero.
Ma "Il pil è in crescita. Questo è il mio commento" ci assicura il ministro Padoan.
E non sono chiacchiere.
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