19 ottobre 2009

Report - una poltrona per due

Report: una poltrona per due di Sabina Giannini.

La storia di una sconfitta, di un intero sistema produttivo: quello degli artigiani e delle piccole imprese che costruiscono poltrone, a Forlì. Aziende soffocate dalla concorrenza sleale delle imprese cinesi, che in due anni, si sono insediate in quel distretto, hanno alterato il mercato, imponendo agli altri produttori prezzi sempre più bassi.

Prezzi bassi che potevano permetttersi perchè non rispettavano le norme di sicurezza,perchè facevano lavorare in nero i propri dipendenti (sfruttando ad es. il part time).
Ma è anche la storia di due imprenditrici coraggiose, due eroi dell'evo moderno: due imprenditrici, Manuela Amadori e Elena Ciocca che han pensato che non tutto ha un prezzo.
Che non si può togliere dignità al lavoro, svendendolo a poco prezzo.

Partiamo dai fatti: i grandi produttori di sofà e divani, [.. i nomi li trovate sul sito di Report], che nelle pubblicità parlano di made in Italy e di prodotti fatti a mano da arttigiani esperti, ti vendono nei loro negozi i loro prodotti a 3000, 4000 euro.
Peccato che a loro costino molto meno: l'inchiesta di Sabina Giannini, che è andata nei capannoni dei cinesi, metteva alla luce che (sfruttando il laovor nero, la segregazione, l'assenza di regole ecc ecc) il pezzo costava poco più di 200 euro.
I francesi della R.B. (una catena che vende in franchising), secondo quanto riportava la giornalista, avrebbero scatenato una guerra al ribasso tra i produttori italiani: vincevano le loro commesse solo i produttori che spuntavano il prezzo più basso.
Per praticare prezzi bassi si ricorre a terzisti cinesi (e costringendo alla chiusura le botteghe italiane), che poi, man mano, hanno soppiantano i produttori italiani.

SABRINA GIANNINI
Ma i francesi hanno capito ad un certo punto che qui c’era la possibilità reale di abbassare i prezzi? Cioè che potevano strappare un prezzo migliore?
FRANCO TARTAGNI - IMPRENDITORE
Mah, diciamo che più che capito che qui potevano, ci hanno come dire, chiesto di farlo se volevamo mantenere il lavoro a Forlì.
SABRINA GIANNINI
Cioè nel senso o i prezzi così o niente?
FRANCO TARTAGNI - IMPRENDITORE
Magari in Toscana glieli facevano più bassi o in Veneto glieli facevano più bassi.
ELENA CIOCCA - IMPRENDITRICE
I nostri imprenditori di Forlì si son fatti le scarpe, se così si può dire, fra di loro per poter avere delle commesse da quest’azienda francese, ognuno abbassava di un tot e per potersi accaparrare il lavoro alla fine c’era chi lo faceva per meno.
SABRINA GIANNINI
Chi è che l’ha detto ai francesi che ci sono….praticamente….
DONNA 2
Che qui i forlivesi sono cretini! Chi gliel’ha detto? L’han capito, son sempre qui i francesi.

Come è successo a Prato nel tessile.
Come è successo nel campano col tessile.

Dove erano le istituzioni? Dove erano i sindacati? Dove erano le associazioni di categoria? Dove era la politica?
Questa, direbbe Lucarelli, è la storia di due donne coraggiose che sono state messe fuori gioco dal sistema che hano denunciato.
Un sistema che, negli enti citati sopra, ha fatto finta di non vedere.
Per convenienza, per incapacità di saper comprendere il disastro che sarebbe arrivato.
Il committente che si rivolgeva ai cinesi nemmeno si è posto il problema di come fanno i cinesi a spuntare prezzi bassi "non è un problema mio .. ma dei cinesi ..".
Per il sindacato (cui i piccoli imprenditori si sno rivolti), i cinesi sono addirittura una risorsa.
L'ispettorato del lavoro, negli anni, ha pure ridotto i controlli (sebbene il problema si allargasse, sebbene le infrazioni scoperte aumentassero).
Ai grandi produttori, questo sistema ha fatto comodo: le imprese cinesi davano delle garanzie.
La loro contabilità era gestita dalla CNA, che neppure lei si era mai chiesta come facessero queste imprese a fare questi profitti con costi così bassi.
Che non avevano capito che queste aziende non erano in regola.

Finchè non è intervenuta la magistratura, dopo l'esposto alla Questura di Forlì, ed è così esploso il caso divanopoli.
L'indagine per turbativa di mercato ha coinvolto le tre imprese citate prima .
Peccato che oggi, le cose stiano andando avanti come prima, sono solo cambiati gli amministraotri di facciata dei capannoni cinesi.
D'altronde, questo sistema, non si è dimostrato capace di autocorregersi.
Le sanzioni (quando ci sono i controlli) per le irregolarità, sono troppo basse.
Una volta erano di circa 2500 euro: oggi, dopo il decreto sicurezza, sono state abbassate a 1500 euro.
Il decreto sicurezza ha reso reato i clandestini, ma ha pure ridotto le multe da lavoro nero.
Complimenti.

Chiediamoci ancora: la politica, qui che fa? Sta dalla parte delle piccole imprese, dei piccoli artigiani, dei lavoratori italiani, o no?

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12 commenti:

Meg ha detto...

Mi piacerebbe che le due signore venissero subissate da una mole di ordinativi da parte di noi privati che, invece di comprare dalle grandi marche a prezzi da rapina, potremmo, con meno soldi, avere in mano un prodotto di qualità infinitamente migliore e, soprattutto, realizzato senza schiavizzare nessuno e senza strangolare il mercato del lavoro nel settore dell'artigianato in Italia. E' ora di finirla con questi giochetti. Io, per quanto mi riguarda, sto cercando un modo per contattarle e farmi fare un'offerta su un modello disegnato da me. Vi farò sapere

alduccio ha detto...

A nome di tutti, grazie
Ci faccia sapere
Aldo

gigi ha detto...

Si vi prego facciamo qualcosa. Io adesso manderò una mail ai sindacati.
Non odio i cinesi, ma odio chi consente lo sfruttamento dei lavoratori.

Anonimo ha detto...

ALTRO CHE EROICO, SIAMO DI FRONTE ALL’INSTAURAZIONE DI UN INQUIETANTE PRECEDENTE, IN BASE AL QUALE LA LEGITTIMA ATTIVITA’ CONCORRENZIALE, ANCHE DELLE IMPRESE CINESI, PUO’ ESSERE TACCIATA IN QUALSIASI MOMENTO -A PARTIRE DA ADESSO- COME “CONCORRENZA SLEALE” DA CUI SI FA SCATURISCE LA “TURBATIVA DI MERCATO” E QUINDI LA MINACCIA PER L’INTERO STATO, SULLA SEMPLICE BASE DI PRESUNTE IRREGOLARITA’ E VIOLAZIONI DI NORMATIVE IN AMBITO DI DIRITTO DEL LAVORO, CHE PURE VANNO PERSEGUITE A PARTIRE PROPRIO DALLE IMPRESE ITALIANE.

ADDIRITTURA CHIAMANDO IN BALLO GLI STESSI COMMITTENTI, SINDACATI, ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA, ISPETTORATO DEL LAVORO, FORZE POLITICHE, ETC. CHE, “NON POTEVANO NON SAPERE”, MOBILITANDO MEDIATICAMENTE TUTTA L’OPINIONE PUBBLICA (DI QUESTI TEMPI PARTICOLARMENTE SENSIBILE) CONTRO IL “PERICOLO GIALLO” IN NOME DELLA SALVAGUARDIA DELLA DIGNITA’ DEL LAVORO DEI PICCOLI E BRAVI ARTIGIANI NOSTRANI, CHE INVECE DI INNOVARSI E ADEGUARSI AI TEMPI, ELABORANDO STRATEGIE DI PRESENZA SUL MERCATO CHE LI VEDESSE DA PROTAGONISTI E COMUNQUE IN MODO PIU’ QUALIFICATO (DA VERO “MADE IN ITALY”), HANNO PREFERITO COMPETERE E CONFRONTARSI -SOCCOMBENDO- SUL PIANO DEI “TERZISTI” CONTRO LE IMPRESE DI IMMIGRATI, ANZI RIVENDICANDO IL PROPRIO DIRITTO A RIMANERE “TERZISTI” ANCHE A COLPI DI PRETESTUOSI ESPOSTI PORTATI AD ESEMPIO DA NOTE TRASMISSIONI, E CHE DA OGGI IN POI SARANNO IL NUOVO STRUMENTO DI LEGALITA’ E DI CORAGGIO, CONTRO IL PERICOLO RAPPRESENTATO DALLE IMPRESE COSTITUITE DAGLI IMMIGRATI IN ITALIA.
QUESTI, A QUANTO PARE, NON AVREBBERO IL DIRITTO A METTERSI IN PROPRIO, MAGARI ARRANGIANDOSI ESATTAMENTE COME SOLO QUALCHE DECENNIO FA FACEVANO ANCHE LE PICCOLE IMPRESE FAMILIARI ITALIANE, FACENDOSI POSTO NEI GARAGES SOTTOSTANTI, DISMETTENDO VECCHI TRATTORI, TINOZZI E MASSERIZIE VARIE.

DA LAVORATORE AUTONOMO E DA CITTADINO ITALIANO LA PIEGA CHE HA PRESO LA QUESTIONE E’ MOLTO PREOCCUPANTE !

Gaetano Sarno

Anonimo ha detto...

Gaetano, lei sembra tutto tranne che un artigiano o un autonomo.

Nessuno dice che non devono mettersi in proprio, mi sembra anzi che gli immigrati da tutto io mondo siano liberi di farlo in Italia e lo stiano facendo alla grande.

Qui stiamo solo affermando il principio di legalità e di difesa (anche se a lei dispiace) della nostra imprenditoria artigiana italiana, che, anche se poco innovativa, rappresenta l'ossatura portante del nostro paese.

alduccio ha detto...

Le irregolarità non sono presunte, ma ricontrate dalla polizia o dalla finanza.

Non si cpaisce come mai le imprese cinesi non debbano sottostare alle leggi italiane, come quelle italiane.
Nessuno chiede ai conesi di non fare impresa: semplicemente che sia una concorrerenza ad armi pari.

Se lei fosse veramente un lavoratore autonomo, saprebbe quale è il peso delle tasse, prese alla fonte, sullo stipendio. Piacerebbe anche a me evitare tutte le trattenute.

gigi ha detto...

Non vedo il motivo di urlare in un post (ossia scrivere tutto in maiuscolo), ma comunque sono scelte personali.

Fare concorrenza usando lavoro in nero, non retribuito, senza contributi INPS è inaccettabile. Tutti vogliamo concorrenza ed innovazione, ma non sulla pelle dei lavoratori più deboli, in questo caso i cinesi segregati e sottopagati. Ben vengano i cinesi e tutti gli stranieri del mondo, ma il problema è che ci sono regole da rispettare per tutti, ma forse questo è un tema ormai incomprensibile in Italia.

Mononoke ha detto...

scusate ma non sono daccordo il servizio di REPORT era a dir poco SCORRETTO.
Innanzitutto trovo assurdo che sia una trasmissione tv a fare un inchiesta e non dovrebbero occuparsene le istituzioni?
non dovrebbero essere loro a stabilire se qualcosa viola la legge oppure no?
Inoltre la trasmissione faceva intendere che queste note aziende italiane spendono una miseria per produrre i divani per poi rivenderli a unprezzo immensamente maggiore.
Solo guardando attentamente il servizio si capisce che si riferiscono solo alla parte della cucitura del divano.
Nella concorrenza non c'è nulla di male, la concorrenza fa in modo che le aziende cerchino di migliorare la propria produzione e diminuire i prezzi.
La qualità è cresciuta, rispetto a un tempo i materiali usati si rovinano di meno, il costo è più basso, tutti oggi possono permettersi un bel divano a un prezzo contenuto. Se ci pensate anche prendere l'aereo 10 anni fa costava molto più di ora, oggi puoi viaggiare in tutto il mondo con poche centinaia di euro.

alduccio ha detto...

La magistratura se ne è occupata. Non sono forse istituzioni anche loro?
E poi, non si dice che in Italia non si fanno più inchieste? E quando ci sono cosa facciamo: rispondiamo che bisogna aspettare le istituzioni?

Lasciamo perdere la concorrenza: le servizio si riportava di posti di lavoro persi, di concorrenza sleale, di lavoratori sfruttati.
Parliamo di questo.

alduccio ha detto...

Ho dovuto togliere i nomi delle ditte citate dalla trasmissione, per evitare inutili problemi legali di citazioni per diffamazione.
Se ritenete il contenuto del post diffamatorio, segnalatemi dove e come e provvederò nel caso se riterrò necessaria la correzione .

Aldo

ROCHEBOBOISITALIA ha detto...

Roche Bobois contesta il contenuto e l’accomunanza con altri marchi, veicolati dalla trasmissione “Report” di Rai Tre, dove, tra le altre cose, si lascia intendere che un divano che Roche Bobois acquista ad € 205 sia rivenduto al pubblico ad € 4.000. Quest’informazione è del tutto falsa ed infondata: la cifra di € 205 corrisponde al prezzo pagato dalla fabbrica per la semplice cucitura della fodera, la posa sulla struttura, ossia un’infinitesima parte del costo globale di un divano!
In nessun caso Roche Bobois è a conoscenza di pratiche contrarie alla legge italiana da parte dei fornitori e in contrasto con i valori della marca espressi ad oggi in 40 paesi nel mondo, da 50 anni. Roche Bobois fa produrre l’insieme dei suoi prodotti in Europa nel rispetto delle persone, delle competenze e delle regolamentazioni in vigore.
ROCHE BOBOIS ITALIA

alduccio ha detto...

@Roche Bobois: ho contattato e la giornalista e chiederò un chiarimento.
La giornalista non intendeva comunque dire che la Roche non rispetta i diritti die lavoratori, ma bensì che avrebbe portato ai terzisti a farsi una guerra al ribasso. Almeno, questo è quanto emerrgeva dalle interviste fatte.
Se poi ciò non è vero, siamo disponibile ad una rettifica.
Fatemi sapere.
Grazie