Noi giornalisti ci occupiamo di fatti, non di reati. Allora proviamo a fare un breve riepilogo dei fatti finora accertati sulle stragi di mafia di 17 anni fa, poi i giudici decideranno se ci sono reati e chi li ha commessi.
Il 30 gennaio 1992 la Cassazione conferma a sorpresa le condanne dei boss al maxi-processo. Riina fa subito ammazzare Salvo Lima e Ignazio Salvo, fedelissimi di Andreotti: avevano promesso l’assoluzione e non hanno mantenuto. Oppure è solo una coincidenza?
Il 23 maggio ‘92, mentre infuria Tangentopoli e il Parlamento si appresta a eleggere Andreotti presidente della Repubblica, viene ucciso Giovanni Falcone, con sua moglie e la scorta. Andreotti ritira la candidatura alla presidenza e viene eletto Scalfaro. Altra punizione o altra coincidenza? Sarebbe la seconda.
Dopo la strage di Capaci i ministri dell’Interno Scotti e della Giustizia Martelli preparano un decreto antimafia: benefici ai pentiti, carcere duro per i mafiosi. Ma a fine giugno due ufficiali del Ros dei Carabinieri, Mori e De Donno, vanno a trovare Vito Ciancimino perché faccia da tramite fra loro e i suoi amici Riina e Provenzano. Il nuovo governo Amato cambia il ministro dell’Interno Scotti con Mancino.
Intanto il decreto Scotti-Martelli si arena in Parlamento. E’ un cambio di linea o è la terza coincidenza?
Il 1° luglio Paolo Borsellino, amico e erede di Falcone, va a Roma per interrogare un nuovo pentito, Gaspare Mutolo. Mutolo dirà di avergli preannunciato rivelazioni sui rapporti con la mafia di giudici come Carnevale e Signorino e del numero 3 del Sisde, Bruno Contrada.
Mentre Borsellino verbalizza, viene chiamato al ministero dell’Interno, dove si sta insediando Mancino. Nell’agenda grigia, dove segna gli incontri della giornata trascorsa, Borsellino annota: “Ore 18.30 Parisi (capo della polizia); 19.30 Mancino”.
Al ritorno dal Viminale, Mutolo lo vede sconvolto: Borsellino fuma due sigarette alla volta e spiega al pentito che Parisi gli ha fatto incontrare Contrada. Oggi Parisi è morto. Mancino è vicepresidente del Csm e nega di aver incontrato Borsellino.
Al massimo una frettolosa stretta di mano, ma non ricorda il suo volto, anche se Borsellino, morto Falcone, era il magistrato antimafia più famoso.
Forse Borsellino mentiva alla sua agenda. L’ex pm Ayala quest’estate ricorda all’improvviso che Mancino gli giurò di averlo incontrato, Borsellino, ma poi smentisce. Anche gli ufficiali Mori e De Donno dicono di aver incontrato in segreto Borsellino in quei giorni, ma di non avergli detto niente della trattativa con Ciancimino.
I magistrati si stanno convincendo che Borsellino fu informato da qualcuno della trattativa e della linea morbida delle istituzioni, e ovviamente si disse contrario.
Il 19 luglio, quarta coincidenza, salta in aria anche Borsellino con la scorta. Così il Parlamento rispolvera in tutta fretta il decreto antimafia e lo converte in legge. Un autogol per la mafia. Infatti gli uomini di Riina, ora pentiti, giurano che la strage di via D’Amelio non era in programma.
Secondo i giudici di Caltanissetta, la causa scatenante della seconda strage fu l’intervista di Borsellino a due giornalisti francesi, rilasciata 48 ore prima di Capaci, sui rapporti fra il mafioso Vittorio Mangano e imprenditori del nord, tra cui Dell’Utri e Berlusconi.
Borsellino scriveva tutto nell’altra agenda, quella rossa: ma purtroppo è scomparsa. Eliminato Borsellino, la trattativa dei carabinieri con Ciancimino prosegue.
Riina, secondo il figlio di Ciancimino, fa recapitare a Mori e ad altri referenti politici un “papello” con le richieste della mafia per finirla con le stragi e fare pace con lo Stato.
Brusca e Ciancimino jr. dicono che don Vito, per seguitare a fare da tramite, pretese una copertura politica da Mancino. Massimo Ciancimino dice che il padre voleva coinvolgere anche Violante per l’opposizione. Mancino nega di averne mai saputo nulla. Violante invece, quest’estate, ha ritrovato la memoria e, dopo 17 anni, s’è ricordato che Mori voleva fargli incontrare Ciancimino, ma a tu per tu. Perciò lui disse di no.
Perché dimenticò di avvertire i magistrati? Mistero.
E poi, sull’Ansa dell’ottobre ’92, si legge che Ciancimino chiedeva di essere sentito in commissione Antimafia in seduta pubblica, quand’era presidente proprio Violante. Ma non se ne fece nulla anche perché, altra coincidenza, a metà dicembre Ciancimino fu arrestato. Un mese dopo, 15 gennaio ’93, viene arrestato pure Riina. Dagli stessi uomini di Mori che trattava con Ciancimino.
E’ una coincidenza, o Provenzano ha dato un aiutino?
Sta di fatto che il Ros non perquisisce il covo di Riina e lo lascia perquisire alla mafia. Ennesima coincidenza Vito Ciancimino e il pentito Nino Giuffrè dicono che, a quel punto, la trattativa la prende in mano Dell’Utri, che stava creando Forza Italia.
Affermazioni tutte da provare. Ma quest’estate, da uno scatolone dimenticato in Procura a Palermo, salta fuori una lettera strappata: l’avrebbe scritta Provenzano a Berlusconi, chiamandolo “onorevole”, promettendogli appoggio politico in cambio di una tv e minacciando in caso contrario un “triste evento”, forse un attentato a Piersilvio. Intanto le bombe continuano, primavera-estate ‘93: l’attentato a Maurizio Costanzo, le stragi di Milano, Firenze e Roma.
Poi la mafia, all’improvviso, annulla un mega-attentato all’Olimpico di Roma e smette di sparare. E’ il novembre ’93, mancano tre mesi alle elezioni poi vinte da Forza Italia: il 2 e il 30 novembre, le agende di Dell’Utri registrano due appuntamenti con Mangano, che è appena uscito da 11 anni di galera. Forse anche Dell’Utri mentiva alle sue agende. O forse anche questa è una coincidenza.
Il 30 gennaio 1992 la Cassazione conferma a sorpresa le condanne dei boss al maxi-processo. Riina fa subito ammazzare Salvo Lima e Ignazio Salvo, fedelissimi di Andreotti: avevano promesso l’assoluzione e non hanno mantenuto. Oppure è solo una coincidenza?
Il 23 maggio ‘92, mentre infuria Tangentopoli e il Parlamento si appresta a eleggere Andreotti presidente della Repubblica, viene ucciso Giovanni Falcone, con sua moglie e la scorta. Andreotti ritira la candidatura alla presidenza e viene eletto Scalfaro. Altra punizione o altra coincidenza? Sarebbe la seconda.
Dopo la strage di Capaci i ministri dell’Interno Scotti e della Giustizia Martelli preparano un decreto antimafia: benefici ai pentiti, carcere duro per i mafiosi. Ma a fine giugno due ufficiali del Ros dei Carabinieri, Mori e De Donno, vanno a trovare Vito Ciancimino perché faccia da tramite fra loro e i suoi amici Riina e Provenzano. Il nuovo governo Amato cambia il ministro dell’Interno Scotti con Mancino.
Intanto il decreto Scotti-Martelli si arena in Parlamento. E’ un cambio di linea o è la terza coincidenza?
Il 1° luglio Paolo Borsellino, amico e erede di Falcone, va a Roma per interrogare un nuovo pentito, Gaspare Mutolo. Mutolo dirà di avergli preannunciato rivelazioni sui rapporti con la mafia di giudici come Carnevale e Signorino e del numero 3 del Sisde, Bruno Contrada.
Mentre Borsellino verbalizza, viene chiamato al ministero dell’Interno, dove si sta insediando Mancino. Nell’agenda grigia, dove segna gli incontri della giornata trascorsa, Borsellino annota: “Ore 18.30 Parisi (capo della polizia); 19.30 Mancino”.
Al ritorno dal Viminale, Mutolo lo vede sconvolto: Borsellino fuma due sigarette alla volta e spiega al pentito che Parisi gli ha fatto incontrare Contrada. Oggi Parisi è morto. Mancino è vicepresidente del Csm e nega di aver incontrato Borsellino.
Al massimo una frettolosa stretta di mano, ma non ricorda il suo volto, anche se Borsellino, morto Falcone, era il magistrato antimafia più famoso.
Forse Borsellino mentiva alla sua agenda. L’ex pm Ayala quest’estate ricorda all’improvviso che Mancino gli giurò di averlo incontrato, Borsellino, ma poi smentisce. Anche gli ufficiali Mori e De Donno dicono di aver incontrato in segreto Borsellino in quei giorni, ma di non avergli detto niente della trattativa con Ciancimino.
I magistrati si stanno convincendo che Borsellino fu informato da qualcuno della trattativa e della linea morbida delle istituzioni, e ovviamente si disse contrario.
Il 19 luglio, quarta coincidenza, salta in aria anche Borsellino con la scorta. Così il Parlamento rispolvera in tutta fretta il decreto antimafia e lo converte in legge. Un autogol per la mafia. Infatti gli uomini di Riina, ora pentiti, giurano che la strage di via D’Amelio non era in programma.
Secondo i giudici di Caltanissetta, la causa scatenante della seconda strage fu l’intervista di Borsellino a due giornalisti francesi, rilasciata 48 ore prima di Capaci, sui rapporti fra il mafioso Vittorio Mangano e imprenditori del nord, tra cui Dell’Utri e Berlusconi.
Borsellino scriveva tutto nell’altra agenda, quella rossa: ma purtroppo è scomparsa. Eliminato Borsellino, la trattativa dei carabinieri con Ciancimino prosegue.
Riina, secondo il figlio di Ciancimino, fa recapitare a Mori e ad altri referenti politici un “papello” con le richieste della mafia per finirla con le stragi e fare pace con lo Stato.
Brusca e Ciancimino jr. dicono che don Vito, per seguitare a fare da tramite, pretese una copertura politica da Mancino. Massimo Ciancimino dice che il padre voleva coinvolgere anche Violante per l’opposizione. Mancino nega di averne mai saputo nulla. Violante invece, quest’estate, ha ritrovato la memoria e, dopo 17 anni, s’è ricordato che Mori voleva fargli incontrare Ciancimino, ma a tu per tu. Perciò lui disse di no.
Perché dimenticò di avvertire i magistrati? Mistero.
E poi, sull’Ansa dell’ottobre ’92, si legge che Ciancimino chiedeva di essere sentito in commissione Antimafia in seduta pubblica, quand’era presidente proprio Violante. Ma non se ne fece nulla anche perché, altra coincidenza, a metà dicembre Ciancimino fu arrestato. Un mese dopo, 15 gennaio ’93, viene arrestato pure Riina. Dagli stessi uomini di Mori che trattava con Ciancimino.
E’ una coincidenza, o Provenzano ha dato un aiutino?
Sta di fatto che il Ros non perquisisce il covo di Riina e lo lascia perquisire alla mafia. Ennesima coincidenza Vito Ciancimino e il pentito Nino Giuffrè dicono che, a quel punto, la trattativa la prende in mano Dell’Utri, che stava creando Forza Italia.
Affermazioni tutte da provare. Ma quest’estate, da uno scatolone dimenticato in Procura a Palermo, salta fuori una lettera strappata: l’avrebbe scritta Provenzano a Berlusconi, chiamandolo “onorevole”, promettendogli appoggio politico in cambio di una tv e minacciando in caso contrario un “triste evento”, forse un attentato a Piersilvio. Intanto le bombe continuano, primavera-estate ‘93: l’attentato a Maurizio Costanzo, le stragi di Milano, Firenze e Roma.
Poi la mafia, all’improvviso, annulla un mega-attentato all’Olimpico di Roma e smette di sparare. E’ il novembre ’93, mancano tre mesi alle elezioni poi vinte da Forza Italia: il 2 e il 30 novembre, le agende di Dell’Utri registrano due appuntamenti con Mangano, che è appena uscito da 11 anni di galera. Forse anche Dell’Utri mentiva alle sue agende. O forse anche questa è una coincidenza.
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