A Milano la mafia non c'è: questo è quello che si sente ripetere da amministratori e imprenditori. Non abbiamo bisogno di una commissione antimafia, non c'è bisogno di un controllo più rigido su appalti e opere pubbliche in città, in provincia e in regione.
La stessa città che emana leggi contro i writer, contro la prostituzione di strada, contro i rom, spostati da un campo all'altro sembra miope nei confronti di questa realtà criminale dalla potenzialità spaventose.
Ndrine radicate in tutto il territorio regionale. Famiglie che hanno ricostruito qui in Lombardia i paesini di origine: i platioti a Buccinasco (i Morabito, i Papalia, i Sergi, i Barbaro), i Mancuso a Monza, i Coco Trovato nel lecchese, i Iamonte Moscato a Desio, i Barbaro a Cesano Boscone, il clan Guida a Milano. Proprio a Milano, dentro l'Ortomercato, gestiva il suo spaccio il clan di Salvatore Morabito, prima dell'arresto.
Il 70% della coca che arriva a Milano è gestito direttamente dalla ndrangheta: coca arriva ad un mercato di 220000 consumatori (25000 quelli abituali) per un giro d'affari di 44 miliardi di euro (Fonte Eurispes).
La ndrangheta, tanto per capirci, conta i denari un tanto al chilo.
Dove li investe, i suoi guadagni la ndrangheta: questa marea di soldi dove vanno a finire?
L'inchiesta scrupolosa di Giuseppe Caruso e Davide Carlucci racconta di un mondo forse sconosciuto ai più: a partire da come sono organizzate le ndrine e le locali della ndrangheta.
Le mani nel traffico di droga, come si è detto. Ma anche gli appalti per le grandi e piccole opere in tutto il nord: molte delle imprese di movimentazione terra al nord parlano calabrese.
Come la ditta per cui effettuava la mediazione il boss Pasquale Barbaro: ditte in subappaltato da altre imprese lombarde. Come la Locatelli e la Casiraghi.
Per chi si oppone, per chi si mette in mezzo, pressioni, minacce, botte. Fino ad arrivare a camion incendiati e altri incidenti nei cantieri.
Ma non solo le imprese di costruzione: la ndrangheta nella sua introduzione dal giornalista Attilio Bolzoni viene definita la "mafia perfetta". Perfetta perchè non fa parlare di se: pochi morti ammazzati. Hanno fatto molto (troppo) rumore le morti di Francesco Fortugno in Calabria e la strage di Duisburg in Germania.
Queste morti hanno portato a delle indagini, a degli arresti che hanno interrotto gli affari: molto meglio ricorrere alla corruzione grazia alla mole di denaro di cui dispongono i clan.
Denaro che non puzza: non puzza per i tanti colletti bianchi (come Giuseppe Melzi, arrestato per riciclaggio) nelle banche, nella pubblica amministrazione, nei comuni, che fanno da fluidificante per i traffici delle ndrine.
Un cambio di destinazione di un terreno. Un occhio che si chiude su una certa discarica. Un altro occhio che non vede la Ferrari del boss dentro l'Ortomercato. Una mano per rendere più semplice il riciclaggio dei soldi della droga.
E' una mafia che si sa cammuffare: e questo dovrebbe spaventarci ancora di più. La ndrangheta è entrata direttamente nella vita economica di molte regioni del nord.
Come nella gestione dei rifiuti.
Le tante discariche illegali, delle bombe ecologiche a cielo aperto, come a Limbiate, a Desio, la discarica nel quartiere Biscieglie (proprio sotto gli occhi dei milanesi), nel Parco del Ticino, a Olgiate Olona ...
Le tante discariche lasciate lungo il corso della TAV nel Novarese, nei cantieri della CAV.TO.MI.: non è solo la Campania, dunque, che deve essere bonificata.
Come gli investimenti nelle attività commerciali: ristoranti, paninoteche, panetterie.
Come gli investimenti negli immobili. Lo spate che Milano è al quarto posto per beni confiscati alla mafia (beni che si riesce con moltà difficolta a ricollocare, per tutta la burocrazia dello stato e degli enti)?
Sono 587 gli immobili (come quelli in via Vallazze a Milano, gestita dal gruppo Pepè Onorato) che lo stato italiano ha sequestrato al nord, grazie anche alla legge La Torre (il politico PCI ucciso dalla mafia in Sicilia). E le aziende confiscate alle ndrine sono 153.
E a Milano ancora ci si ostina a non volerla considerare come una emergenza.
C'entra forse qualcosa che la mafia è ben radicata (e ben mimetizzata, per i pochi omicidi in città) da tanti decenni?
Sin dai tempi di Joe Adonis, Gerlando Alberti e Luciano Liggio.
Impossibile, parlando di mafia e ndrangheta a Milano, non citare i vari Filippo Alberto Rapisarda , Vittorio Mangano, Marcello Dell'utri e Silvio Berlusconi. Finanzieri, stallieri (o testa di ponte della mafia), imprenditori, costruttori la cui vita ha incrociato quella di appartenenti alla mafia (o di cui pentiti di mafia han parlato).
Di molti di questi i dibattimenti sono ancora in atto, o si è arrivati solo al primo grado oppure le inchieste per mafia sono archiviate.
Ma testimoniano ancora una volta come il mondo imprenditoriale del nord (che poi è anche il bacino elettorale di alcuni personaggi di cui sopra) non è impermeabile alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Cosa succederà oggi, cpn l'Expo e i suoi 44 miliardi di giro d'affari?
La risposta del comune è chiara: lo stop alla commissione è il segnale che "l'expo senza le 'ndrine non si può fare".
E non è solo un atteggiamento del sindaco e del vicesindaco milanesi.
Ricordiamo anche quello che è successo a Buccinasco quando il sindaco Loris Cereda negò l'intitolazione di una via allo scrittore Roberto Saviano.
Nelle conclusioni del libro i due autori indicano come via d'uscita, oltre alla presa di coscienza del pericolo che la ndrangheta costituisce per la società civile e per l'economia, una legalizzazione (parziale) delle droghe.
Per Carlucci e Caruso è l'unico modo per togliere dalle mani dei clan gli enormi proventi della droga: perchè, si chiedono gli autori, per la droga tutta questa inflessibilità, e non per le morti per alcool, sulle strade, sul lavoro?
La lotta alla criminalità organizzata e in particolar modo alla "mafia perfetta" quale è la ndrangheta non si può basare solo su azioni di contrasto della polizia e della magistratura.
Riguarda tutta la società.
E libri come questo, sono utili almeno a dare consapevolezza del problema.
Il link per ordinare il libro su ibs
Technorati: Giuseppe Caruso, Davide Carlucci
La stessa città che emana leggi contro i writer, contro la prostituzione di strada, contro i rom, spostati da un campo all'altro sembra miope nei confronti di questa realtà criminale dalla potenzialità spaventose.
Ndrine radicate in tutto il territorio regionale. Famiglie che hanno ricostruito qui in Lombardia i paesini di origine: i platioti a Buccinasco (i Morabito, i Papalia, i Sergi, i Barbaro), i Mancuso a Monza, i Coco Trovato nel lecchese, i Iamonte Moscato a Desio, i Barbaro a Cesano Boscone, il clan Guida a Milano. Proprio a Milano, dentro l'Ortomercato, gestiva il suo spaccio il clan di Salvatore Morabito, prima dell'arresto.
Il 70% della coca che arriva a Milano è gestito direttamente dalla ndrangheta: coca arriva ad un mercato di 220000 consumatori (25000 quelli abituali) per un giro d'affari di 44 miliardi di euro (Fonte Eurispes).
La ndrangheta, tanto per capirci, conta i denari un tanto al chilo.
Dove li investe, i suoi guadagni la ndrangheta: questa marea di soldi dove vanno a finire?
L'inchiesta scrupolosa di Giuseppe Caruso e Davide Carlucci racconta di un mondo forse sconosciuto ai più: a partire da come sono organizzate le ndrine e le locali della ndrangheta.
Le mani nel traffico di droga, come si è detto. Ma anche gli appalti per le grandi e piccole opere in tutto il nord: molte delle imprese di movimentazione terra al nord parlano calabrese.
Come la ditta per cui effettuava la mediazione il boss Pasquale Barbaro: ditte in subappaltato da altre imprese lombarde. Come la Locatelli e la Casiraghi.
Per chi si oppone, per chi si mette in mezzo, pressioni, minacce, botte. Fino ad arrivare a camion incendiati e altri incidenti nei cantieri.
Ma non solo le imprese di costruzione: la ndrangheta nella sua introduzione dal giornalista Attilio Bolzoni viene definita la "mafia perfetta". Perfetta perchè non fa parlare di se: pochi morti ammazzati. Hanno fatto molto (troppo) rumore le morti di Francesco Fortugno in Calabria e la strage di Duisburg in Germania.
Queste morti hanno portato a delle indagini, a degli arresti che hanno interrotto gli affari: molto meglio ricorrere alla corruzione grazia alla mole di denaro di cui dispongono i clan.
Denaro che non puzza: non puzza per i tanti colletti bianchi (come Giuseppe Melzi, arrestato per riciclaggio) nelle banche, nella pubblica amministrazione, nei comuni, che fanno da fluidificante per i traffici delle ndrine.
Un cambio di destinazione di un terreno. Un occhio che si chiude su una certa discarica. Un altro occhio che non vede la Ferrari del boss dentro l'Ortomercato. Una mano per rendere più semplice il riciclaggio dei soldi della droga.
E' una mafia che si sa cammuffare: e questo dovrebbe spaventarci ancora di più. La ndrangheta è entrata direttamente nella vita economica di molte regioni del nord.
Come nella gestione dei rifiuti.
Le tante discariche illegali, delle bombe ecologiche a cielo aperto, come a Limbiate, a Desio, la discarica nel quartiere Biscieglie (proprio sotto gli occhi dei milanesi), nel Parco del Ticino, a Olgiate Olona ...
Le tante discariche lasciate lungo il corso della TAV nel Novarese, nei cantieri della CAV.TO.MI.: non è solo la Campania, dunque, che deve essere bonificata.
Come gli investimenti nelle attività commerciali: ristoranti, paninoteche, panetterie.
Come gli investimenti negli immobili. Lo spate che Milano è al quarto posto per beni confiscati alla mafia (beni che si riesce con moltà difficolta a ricollocare, per tutta la burocrazia dello stato e degli enti)?
Sono 587 gli immobili (come quelli in via Vallazze a Milano, gestita dal gruppo Pepè Onorato) che lo stato italiano ha sequestrato al nord, grazie anche alla legge La Torre (il politico PCI ucciso dalla mafia in Sicilia). E le aziende confiscate alle ndrine sono 153.
E a Milano ancora ci si ostina a non volerla considerare come una emergenza.
C'entra forse qualcosa che la mafia è ben radicata (e ben mimetizzata, per i pochi omicidi in città) da tanti decenni?
Sin dai tempi di Joe Adonis, Gerlando Alberti e Luciano Liggio.
Impossibile, parlando di mafia e ndrangheta a Milano, non citare i vari Filippo Alberto Rapisarda , Vittorio Mangano, Marcello Dell'utri e Silvio Berlusconi. Finanzieri, stallieri (o testa di ponte della mafia), imprenditori, costruttori la cui vita ha incrociato quella di appartenenti alla mafia (o di cui pentiti di mafia han parlato).
Di molti di questi i dibattimenti sono ancora in atto, o si è arrivati solo al primo grado oppure le inchieste per mafia sono archiviate.
Ma testimoniano ancora una volta come il mondo imprenditoriale del nord (che poi è anche il bacino elettorale di alcuni personaggi di cui sopra) non è impermeabile alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Cosa succederà oggi, cpn l'Expo e i suoi 44 miliardi di giro d'affari?
La risposta del comune è chiara: lo stop alla commissione è il segnale che "l'expo senza le 'ndrine non si può fare".
E non è solo un atteggiamento del sindaco e del vicesindaco milanesi.
Ricordiamo anche quello che è successo a Buccinasco quando il sindaco Loris Cereda negò l'intitolazione di una via allo scrittore Roberto Saviano.
Nelle conclusioni del libro i due autori indicano come via d'uscita, oltre alla presa di coscienza del pericolo che la ndrangheta costituisce per la società civile e per l'economia, una legalizzazione (parziale) delle droghe.
Per Carlucci e Caruso è l'unico modo per togliere dalle mani dei clan gli enormi proventi della droga: perchè, si chiedono gli autori, per la droga tutta questa inflessibilità, e non per le morti per alcool, sulle strade, sul lavoro?
La lotta alla criminalità organizzata e in particolar modo alla "mafia perfetta" quale è la ndrangheta non si può basare solo su azioni di contrasto della polizia e della magistratura.
Riguarda tutta la società.
E libri come questo, sono utili almeno a dare consapevolezza del problema.
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Technorati: Giuseppe Caruso, Davide Carlucci
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