Seguito del libro "Il sangue e la celtica", in questo libro si prosegue nel racconto della generazione nata e cresciuta dentro le sezioni giovanili del MSI come quella di Sommacampagna, degli studenti del Fronte della gioventù (dove han militato tra gli altri, Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri e Gianni Alemanno ), dei giovani universitari del Fuan (come quello di via Siena dove sono passati tra gli altri anche molti onorevoli di oggi come Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa, Italo Bocchino, Francesco Sorace), sotto i simboli del fascismo, della celtica, col culto del duce.
Dall'omicidio del militante greco Mikis Mantakas, ucciso nei giorni in cui si celebrava il processo per un altro fatto di sangue, il Rogo di Primavalle.
Alla fine della stagione dei NAR, nella prima metà degli anni 80.
Giovani con dentro tanta rabbia e tanto orgoglio in corpo.
Rabbia per gli scontri con i "compagni", per la sensazione di emarginazione politica e sociale (che emerge da tante testimonianze raccolte dall'autore) vissuta nelle scuole e nelle università.
E orgoglio: orgoglio che discende anche dalla cultura "machista" e dalla cultura neofasciste in cui erano cresciuti questi ragazzi.
Ma anche un orgoglio che nasce dalla sensazione di voler difendere quei principi che, penso anche per molti, in buona fede, appartenevano all'estrema destra.
Non solo il fascismo: anche la voglia di rompere con gli quegli schemi in cui la politica ingabbiava passioni e energie.
Dall'omicidio del militante greco Mikis Mantakas, ucciso nei giorni in cui si celebrava il processo per un altro fatto di sangue, il Rogo di Primavalle.
Alla fine della stagione dei NAR, nella prima metà degli anni 80.
Giovani con dentro tanta rabbia e tanto orgoglio in corpo.
Rabbia per gli scontri con i "compagni", per la sensazione di emarginazione politica e sociale (che emerge da tante testimonianze raccolte dall'autore) vissuta nelle scuole e nelle università.
E orgoglio: orgoglio che discende anche dalla cultura "machista" e dalla cultura neofasciste in cui erano cresciuti questi ragazzi.
Ma anche un orgoglio che nasce dalla sensazione di voler difendere quei principi che, penso anche per molti, in buona fede, appartenevano all'estrema destra.
Non solo il fascismo: anche la voglia di rompere con gli quegli schemi in cui la politica ingabbiava passioni e energie.
Giovani schiacciati da una parte dai "vecchi" leader delle fomrazioni neofasciste dei primi '70, come Delle Chiaie (leader clandestino di Ananguardia Nazionale), come Mario Tuti e Pierluigi Concutelli (per cui Fioravanti porta avanti per lungo tempo il piano di una sua liberazione).
Dall'altra affascinati dai nuovi capi, come Fioravanti stesso:
I Nar scrivevano così per incitare i pischelli allo spontaneismo armato: «Armi e soldi sono per le strade. E basta anche un coltello per cominciare».
Due cose mi hanno sorpreso nella lettura del libro, almeno per me che non provengo da quelle esperienze politiche: la giovane età di buona parte dei personaggi presenti (come i membri dei Nar, oppure i "Walter boys" del gruppo attorno al militante Walter sordi).
E la violenza che impregna le pagine: una violenza cui si arriva con troppa facilità, dagli scontri nelle strade, nelle piazze, nelle scuole. Una violenza che accompagnava anche la prima parte del racconto ne "Il sangue e la celtica", col le bombe del nero periodo della strategia della Tensione: la bomba a Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi (in realtà figlia a sua volta delle bombe scoppiate nell'estate del 69), piazza della Loggia, la bomba sull'Italicus.
Un romanzo criminale che inizia con quella mattina del 28 febbraio 1975 e quei giovani, di destra e di sinistra che non erano scesi in piazza per incontrarsi, ma erano alla ricerca dello scontro.
Quella morte diventa "l'innesco" per una spirale di violenza che la politica, la linea del partito, gli anziani dei movimenti non riescono a contenere. Nel libro è ben spiegata la frattura che si delinea ad un certo punto, tra Almirante e quei giovani che iniziarono ad usare la celtica "rautiana" come proprio simbolo.
La spinta del movimento universitario, che si rirova nel Fuan di via siena.
Da sangue di Prati, al sangue degli altri episodi criminali, riassunti nelle due cartine ad inizio libro: non solo a Roma, ma anche nel nord (a Milano, nel Veneto) e nel sud.
Dal sito di Rao, il commento di Luciano Lanna direttore de Il secolo d'Italia:
"Dal rogo di Primavalle dell’aprile 1973, alla ‘battaglia’ di San Giovanni di Dio del dicembre 1974
Due cose mi hanno sorpreso nella lettura del libro, almeno per me che non provengo da quelle esperienze politiche: la giovane età di buona parte dei personaggi presenti (come i membri dei Nar, oppure i "Walter boys" del gruppo attorno al militante Walter sordi).
E la violenza che impregna le pagine: una violenza cui si arriva con troppa facilità, dagli scontri nelle strade, nelle piazze, nelle scuole. Una violenza che accompagnava anche la prima parte del racconto ne "Il sangue e la celtica", col le bombe del nero periodo della strategia della Tensione: la bomba a Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi (in realtà figlia a sua volta delle bombe scoppiate nell'estate del 69), piazza della Loggia, la bomba sull'Italicus.
Un romanzo criminale che inizia con quella mattina del 28 febbraio 1975 e quei giovani, di destra e di sinistra che non erano scesi in piazza per incontrarsi, ma erano alla ricerca dello scontro.
Quella morte diventa "l'innesco" per una spirale di violenza che la politica, la linea del partito, gli anziani dei movimenti non riescono a contenere. Nel libro è ben spiegata la frattura che si delinea ad un certo punto, tra Almirante e quei giovani che iniziarono ad usare la celtica "rautiana" come proprio simbolo.
La spinta del movimento universitario, che si rirova nel Fuan di via siena.
Da sangue di Prati, al sangue degli altri episodi criminali, riassunti nelle due cartine ad inizio libro: non solo a Roma, ma anche nel nord (a Milano, nel Veneto) e nel sud.
Dal sito di Rao, il commento di Luciano Lanna direttore de Il secolo d'Italia:
"Dal rogo di Primavalle dell’aprile 1973, alla ‘battaglia’ di San Giovanni di Dio del dicembre 1974
[..]
"Comincerà a intensificarsi l’attività dei Gruppi Operativi e dei Volontari Nazionali in funzione difensiva,ma per qualcuno sarà l’inizio dell’abitudine alle armi. Tanto che le uccisioni di giovani missini come Ramelli, Zicchieri e Mantakas, daranno l’idea di città- Roma e Milano- diventate quasi teatro di una guerra civile. Sino al trauma, quasi un punto di non ritorno, del 7 gennaio 1978: tre ragazzi uccisi, di cui uno per il piombo sparato da un carabiniere. "
La nascita dello spontaneismo armato, che animava i giovani ragazzi dei Nar (i Fioravanti, la Mambro, Anselmi, Alibrandi) e la lunga scia di sangue che segue: poliziotti, magistrati, ignari passanti uccisi da colpi di rimbalzo, ex camerati traditori (o ritenuti come tali, come Ciccio Mangiameli).
E la fine dei Nai, sempre nel sangue, sempre sulle strade.
Un limite de "Il piombo .." consiste nella scelta di voler raccontare quella realtà con la viva voce di vari protagonisti intervistati dall'autore, nel corso degli anni, che inevitabilmente danno alla storia una visione di parte.
Per cui le morti non erano previste, per cui le armi erano solo una giustificazione alla violenza della sinistra, più numerosa e più organizzata.
Due episodi fanno da cardine a tutto il racconto: la strage di Acca Larenzia, per cui nei gruppi di estrema destra nasce la convinzione di essere veramente da soli.
E la strage di Bologna, che le sentenze consolidate in questi anni attribuiscono ai Nar (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini), ma che, come spiega bene anche Rao qui, è una vicenda con ancora troppi punti da chiarire.
Il link per ordinare il libro su internetbookshop.
Il sito di Nicola Rao.
Technorati: Nicola Rao
"Comincerà a intensificarsi l’attività dei Gruppi Operativi e dei Volontari Nazionali in funzione difensiva,ma per qualcuno sarà l’inizio dell’abitudine alle armi. Tanto che le uccisioni di giovani missini come Ramelli, Zicchieri e Mantakas, daranno l’idea di città- Roma e Milano- diventate quasi teatro di una guerra civile. Sino al trauma, quasi un punto di non ritorno, del 7 gennaio 1978: tre ragazzi uccisi, di cui uno per il piombo sparato da un carabiniere. "
La nascita dello spontaneismo armato, che animava i giovani ragazzi dei Nar (i Fioravanti, la Mambro, Anselmi, Alibrandi) e la lunga scia di sangue che segue: poliziotti, magistrati, ignari passanti uccisi da colpi di rimbalzo, ex camerati traditori (o ritenuti come tali, come Ciccio Mangiameli).
E la fine dei Nai, sempre nel sangue, sempre sulle strade.
Un limite de "Il piombo .." consiste nella scelta di voler raccontare quella realtà con la viva voce di vari protagonisti intervistati dall'autore, nel corso degli anni, che inevitabilmente danno alla storia una visione di parte.
Per cui le morti non erano previste, per cui le armi erano solo una giustificazione alla violenza della sinistra, più numerosa e più organizzata.
Due episodi fanno da cardine a tutto il racconto: la strage di Acca Larenzia, per cui nei gruppi di estrema destra nasce la convinzione di essere veramente da soli.
E la strage di Bologna, che le sentenze consolidate in questi anni attribuiscono ai Nar (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini), ma che, come spiega bene anche Rao qui, è una vicenda con ancora troppi punti da chiarire.
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