Cosa c'è dietro i titoli dei giornali che commentano la riforma Gelmini sull'università (l'avvocato che andò a Reggio Calabria per sostenere l'esame di Stato) e che parlano di meritocrazia, lotta ai baroni?
Il commento di Sandro Bonazzi sul Fatto:
Meno autonomia uguale più merito. E più privato uguale più
qualità. Sono queste le equazioni che stanno dietro il provvedimento
sull’università approvato ieri da Palazzo Chigi. Era dai tempi del sedicente
“pacchetto sicurezza” che il volto ideologico della destra che ci governa non
lasciava un’impronta tanto nitida.
La realtà della riforma va oltre gli slogan ed è di
volgare concretezza: come per la scuola, non c’è un soldo bucato neppure per gli
atenei. Giulio Tremonti non sgancia e la Gelmini, che proprio ieri ha confessato
al suo ideologo di riferimento Maurizio Costanzo di voler crivere un libro di
“favole regionali” manco fosse Italo Calvino, copre così la sua triste realtà di
piccola fiammiferaia di Viale Trastevere. Ci sono meno denari per gli studenti
più bravi, ma si racconta che i criteri di attribuzione saranno più severi
e meritocratici. Ci sono meno soldi per gli atenei pubblici e si
restringe ulteriormente il diritto allo studio sancito dalla Costituzione,
ampliando il ricorso agli odiosi test d’ingresso. Si vuole limitare l’offerta
formativa delle università statali, limitandone l’autonomia, e si copre il tutto
con l’ingresso del famoso “mercato”.
Se le idee presentano sembrano buone sulla carta, si deve al solito aspettare le regole che si dovrebbero dare gli atenei.
Non ci sono i soldi: non ci sono i soldi per la sicurezza (e i poliziotti scendono in strada); non ci sono soldi per il taglio dell'Irap (e le piccole imprese che faranno?).
Non ci sono i soldi: non ci sono i soldi per la sicurezza (e i poliziotti scendono in strada); non ci sono soldi per il taglio dell'Irap (e le piccole imprese che faranno?).
In Italia i processi lunghi limitano gli investimenti dall'estero e non garantiscono giustizia per il cittadino? E noi facciamo la prescrizione breve, la separazione delle carriere, il taglio alle intercettazioni.
Nessun ingadato, nessun reato, nessun processo.
In compenso, è pronta per partire l'Agenzia per il nucleare (con che costi): a guidarla sarà il generale Jean, reduce dalla brillante esperienza con la Sogin.
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