Incipit
«Scusi...».«Di niente».Era almeno la terza volta, da quando avevano superato l'angolo di Boulevard Lenoir, che perdeva l'equilibrio, lo urtava con la spalla ossuta e gli sbatteva la rete della spesa contro la coscia.Si scusò a denti stretti, né imbarazzata né dispiaciuta, dopodiché riprese a guardare dritto davanti a sé con un'espressione tranquilla e risoluta al tempo stesso.Maigret non se la prese. Sembrava anzi che trovasse divertente essere spintonato. Quella mattina era così di buonumore che tutto gli scivolava addosso.
E' primavera a Parigi e la nuova
stagione mette di buonumore Maigret mentre attraversa Parigi,
stipato sulla pedana di un autobus: nulla sembra turbarlo, né la
borsa di una signora che continua ad urtarlo e nemmeno il furto del
suo portafoglio:
«Fece per voltarsi, e intravide un giovane sul cui volto si leggeva un’emozione che, lì per lì, non riuscì a capire.«Doveva avere meno di venticinque anni ed era senza cappello, con i capelli scuri in disordine, mal rasato. Aveva l’aria di uno che non ha dormito, che è reduce da ore difficili o penose.
«Sgusciando verso il predellino, saltò giù dall’autobus in corsa. In quel momento erano all’angolo di rue Rambuteau, non lontano dalle Halles, di cui si percepiva l’odore intenso. Il giovane si mise a camminare svelto, voltandosi come se avesse paura di qualcosa, e imboccò rue des Blancs-Manteaux.
«D’un tratto, senza una ragione precisa, Maigret portò la mano alla tasca posteriore dei pantaloni, dove teneva il portafoglio.
«Per poco non si precipitò anche lui giù dall’autobus: il portafoglio era sparito».
Ma il portafoglio gli viene restituito
il giorno stesso, in una busta inviata al Quai: il portafoglio e
perfino il distintivo della Polizia Giudiziaria (numero 4..). Lo
stesso ladro lo chiama al telefono per chiedergli un appuntamento, in
un locale, da solo.
E' la curiosità che spinge Maigret ad
accettare l'incontro per conoscere il ladro e il perché dell'invito:
è un ragazzo giovane, dall'aria spaventata, ma non aggressiva,
dall'aria stanca come di una persona ad un passo da una crisi
nervosa, per un forte stress. Il portafoglio gli serviva per prendere
dei soldi, per scappare – confessa al commissario. E aggiunge:
«Le è mai capitato di fidarsi di qualcuno anche quando tutte le prove erano contro di lui?»«Si, mi è successo».«Cosa pensa di me?»«Che è un tipo piuttosto complicato, e comunque non ho elementi sufficienti per giudicarla».
Si chiama François
Ricain, il ragazzo, che porta Maigret nel suo monolocale, in rue
Saint Charles: il furto, tra l'altro non denunciato, si trasforma in
un caso di omicidio, con la scoperta del cadavere di una donna
“Vicino a un divano trasformato in
letto per la notte, su un tappeto marocchino a disegni multicolori,
giaceva una donna, e un nugolo di mosche volteggiava su di lei
ronzando”.
E' Sophie, la moglie del ragazzo,
uccisa da un colpo di pistola al volto: François,
preso dalla paura, ha preso la pistola (che teneva in casa avendola
comprata in una serata di baldoria mentre era ubriaco) e se ne è
scappato via. A girare per le strade di Parigi in cerca dei suoi
amici, per chiedere un prestito per scappare all'estero. Fino
all'incontro con Maigret ..
"Forse erano di fronte a un enigma, o forse, al contrario, tutto stava per rivelarsi chiarissimo. E' sempre così all'inizio di un'inchiesta, o quasi".
Il commissario mette in moto la
macchina giudiziaria, chiamando sul posto i colleghi, la scientifica,
il magistrato e il giudice istruttore. Ma non arresta il ragazzo:
prove dirette contro di lui non ce ne sono, ma c'è un altro motivo
che spinge Maigret ad interessarsi direttamente al caso e non
delegare niente ai suoi ispettori. Quel ragazzo lo incuriosisce:
“Maigret non avrebbe saputo esprimere un'opinione su di lui. Intelligente lo era di certo, e anche di un'intelligenza acuta, come traspariva da certe sue risposte. Ma c'era in lui anche un lato ingenuo, se non infantile”.
François, o Francis come lo chiamano
gli amici, è un aspirante regista, qualche lavoro come aiuto lo ha
anche fatto: pochi soldi in tasca ma una grande ambizione di sfondare
nel cinema.
Sophie, la moglie altrettanto giovane,
sposata senza presentarsi ai di lei genitori, si è probabilmente
invaghita di quel ragazzo pieno di ambizioni ma tormentato
nell'anima, sempre speranzoso di trovare l'occasione per girare il
suo film.
“Di rado qualcuno l'aveva incuriosito come quel François Ricain. A prima vista era solo uno dei tanti giovani velleitari che sbarcano ogni giorno a Parigi e in tutte le capitali.Una vita senza futuro? Aveva solo venticinque anni. Alla sua età uomini poi divenuti celebri vivevano in miseria. A tratti il commissario aveva la tentazione di dargli fiducia. Poi, subito dopo, sospirava scoraggiato ..”.
Nonostante il
lavoro della scientifica, del medico legale, le domande fatte ai
vicini di casa (che raccontavano di feste serali finite in orgia),
l'inchiesta non va avanti: riflettendo sulle domande che gli arrivano
dalla procura, Maigret formula una delle sue massime che raccontano
del suo modo di intendere il lavoro di investigazione, entrare nelle
vite delle persone, prima sconosciute:
“Un delitto non è un problema algebrico. Chiama in causa esseri umani che sino al giorno prima erano solo anonimi passanti, di cui non si sapeva nulla. Poi, di colpo, non c'è gesto o parola che non diventi importante, e la loro esistenza è passata al setaccio”.
L'inchiesta porta Maigret dentro il
mondo delle amicizie di Francis, che si incontrano la sera a
Vieux-Pressoir e che, in vario modo, ruotano attorno ad un produttore
cinematografico, Carus: sceneggiatori, fotografi, attrici con
l'ambizione di sfondare nel cinema e altre donne con l'ambizione di
accasarsi ad un uomo facoltoso:
“L'atmosfera un po' ovattata è un po' sciropposa del Vieux-Pressoir, il buonumore di Rose che si asciugava di continuo le mani nel grembiule, il sorriso ironico sul volto di cera dell'ex stuntman ..Maki, mite e impotente, nel suo angolo, l'occhio sempre più torbido e assente via via che beveva .. Gérard Dramin, il volto ascetico, immerso nell'interminabile correzione della sua sceneggiatura .. Carus, che si affannava nel mostrarsi cordiale con tutti, e Nora, artificiosa dalla punta delle unghie ai capelli ossigenati”.
Amicizie finte,
costruite sulla vanità e sul bisogno: sedendosi a tavola con queste
persone, Maigret osserva i volti di queste persone, chiedendosi chi
di questi sia l'assassino, perché è certamente dentro la cerchia
che quest'ultimo (o quest'ultima) va cercato.
Ma chi? E per quale
ragione?
Uno dei romanzi di
Maigret che ho più apprezzato, dei tanti (ma sempre pochi di
fronte alla grande produzione dello scrittore), per la costruzione
della storia che si svolge in pochi luoghi circoscritti e si appoggia
su dialoghi tra Maigret e Francois, tra Maigret e Carus, l'ex
stuntman, lo scrittore, l'artista: dialoghi che fanno emergere la
psicologia delle persone, nascosta dietro le maschere che si mettono
in faccia, le loro ambizioni e le loro tensioni. In contrasto con la
“snervante” calma del commissario, capace di muoversi con
calma, senza sentire le pressioni nel cercare un colpevole, cercando
la verità attraverso le parole, i gesti, gli imbarazzi dell'umanità
che si trova davanti.
La scheda del libro sul sito di Adelphi
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