Vita di un legionario non pentito
Incipit
Nome in codice Pedro Perrini
Sono un legionario e il mio mestiere è fare la guerra.Sono entrato nella Legione straniera nel 1994. Avevo trentasette anni ed ero arrivato ad un punto di non ritorno.La faccenda è stata piuttosto rapida. Si è svolta nel giro di pochi minuti, in una stanzetta spoglia, due sedie e una scrivania. Il caporal-chef ha scribacchiato qualcosa su un modulo, poi ha alzato lo sguardo, mi ha fissato negli occhi e ha annunciato la mia nuova identità: «Perrini Pedro, nato a Roma, classe 1957, stato civile celibe».
Ha un merito importate questo libro,
scritto a quattro mani dal giornalista Andrea Sceresini e dal
legionario Danilo Pagliaro: l'onestà nel raccontare, per la prima
volta dall'interno, come funziona il mondo della Legione Straniera.
Il racconto, in prima persona singolare, mi ha catturato fin dalle
prime pagine, dove Danilo spiega quanto sia facile entrare in
Legione, ma come sia anche difficile rimanerci, se non si è
veramente motivati, se si cerca solo la gloria di poter indossare il
képi blanc e potersi vantare con gli amici o la fidanzata:
“C'è chi crede che la Legione sia un gingillo per bambini un po' cresciuti. Li riconosci subito: sono i soliti legionari da tastiera. Annunciano di voler partire, lo sbandierano ai quattro venti, inondano il web con i loro proclami roboanti. Si fanno un sacco di seghe mentali: il military fitness, i metodi di allenamento, i curriculum, gli attestati. Hanno montagne di dubbi.Dove si prendono i treni? Quanto costano? Per dove passano? In genere si consorziano tra di loro: finiscono per partire in comitiva, come si fa con le gite scolastiche, mentre i loro amichetti virtuali applaudono eccitati. L'ho già affermato e lo ripeto: questi signori non entreranno mai nella Legione.”
Serve una vera
motivazione, la voglia di andare alla ricerca di una nuova vita,
lasciandosi alle spalle tutto il passato, anche moglie e figli,
mettersi alla ricerca del proprio destino, come nel caso di
Danilo-Pedro.
Figlio di un
finanziere, Danilo racconta della sa voglia di rendersi utile per il
proprio paese, battersi per un ideale: da qui nasce l'idea di entrare
in polizia, scartato con la falsa motivazione delle vene varicose. In
realtà perché non raccomandato. Raccomandazione, o aiuto, che poi è
arrivato per entrare nella Guardia di Finanza:
“Mio padre mi propone di entrare in Finanza. non è ciò che voglio, ma i miei insistono così tanto che alla fine decido di accontentarli. D'un tratto mi ritrovo faccia a faccia con tutto ciò che meno mi piace: la burocrazia, i favoritismi, il carrierismo, la raccomandazione pura e semplice”.
Uscito dalla Finanza per entrare in
Marina, nemmeno qui Danilo riesce a mettere radici, viaggia
all'estero, si sposa, ha dei figli e trova un'occupazione vendendo
libri.
Tutto questo fino al 1990 quando
lo scoppio della prima guerra del Golfo, fa scoccare
nuovamente la scintilla di una vita militare, nella Legione, anche
grazie all'incontro con un amico francese, Jean Charles, legionario.
L'autore nelle sue memorie, torna
sempre su un tema: ci vuole poco ad entrare in Legione ed assumere
una nuova identità. Ma quando arriva la selezione, che è sia dal
punto di vista fisico, che psicologico e anche dal punto di vista del
casellario giudiziario (toglietevi dalla testa che se avete commesso
un reato grave riuscite a farla franca), è tutta un'altra storia.
Tra il 2001 e il 2007 tutti gli
italiani entrati in Legione hanno disertato: non è semplicemente
una rescissione di un contratto (quello che il legionario firma per
la permanenza in servizio per un numero preciso di anni). È il
venire meno alla parola data, che per un militare che ha giurato
fedeltà alla patria e al suo comandante, è tutto.
Il legionario, quello vero, non quello
da tastiera, deve diventare esperto nel maneggiare le armi del
reparto, deve saper sopportare tante fatiche, la privazione del
sonno, saper reagire al freddo, al caldo, mangiare in pochi minuti,
ubbidire sempre agli ordini. E quando si sbaglia, ecco le punizioni.
Tutto questo serve per preparare il
legionario ad un vero scenario di guerra, dove ci si può trovare
veramente in situazione dove è impossibile dormire, dove ci si deve
ingegnare per ripararsi dalla pioggia, trovare un riparo, trovare da
mangiare .. Pena la morte.
Danilo cercava nella Legione la sua
ragione di vita e l'ha trovata: ad un caro prezzo, però, ovvero
l'abbandono della moglie e la lontananza dai figli.
Come ho spiegato prima, nel libro
Danilo stato estremamente onesto nel raccontare la sua vita intima,
il sentirsi un vuoto dentro, avvicinandosi in modo pericoloso al
confine dell'autodistruzione, da cui è riuscito a tenersi lontano
solo grazie al ricordo dei figli.
Dal 1993, quando varcò la porta della
caserma di Aubagne, in route de la Legion, la vita in Legione
lo ha portato in giro nel mondo, come addetto alle trasmissioni: gli
stage in Guyana e in Brasile, le missioni militari in Africa e in
Bosnia.
Missioni dove, come tutti i militari,
ha dovuto uccidere, o meglio togliere la vita, al nemico che aveva
davanti: anche quando parla delle guerre, l'autore è estremamente
chiaro: “chi adora il sangue è perché non l'ha mai visto”.
Alcuni degli
episodi che Danilo ha vissuto sulla sua pelle, non possono essere
riportati in un libro, perché troppo dolorosi, troppo personali.
Alcuni però meritano di essere ricordati, perché significativi
dello spirito con cui combattono i legionari:
“Nel 1996, durante gli scontri nella Repubblica Centrafricana, il mio reparto viene schierato in difesa dell'ambasciata francese di Bangui. Improvvisamente veniamo attaccati su due fronti. Io sono addetto alle trasmissioni radio e il tenente mi chiede di mettermi in contatto col capitano comandante per conoscere la conduitè à tenir. Quest'ultimo impartisce degli ordini che si rivelano impossibili da eseguire. Ne dà degli altri, ma risultano altrettanto inattuabili. C'è un attimo di silenzio.Il tenente fa rispettosamente notare che la situazione inizia a farsi grave: ci sono già state delle perdite, il nemico è sempre più vicino e le munizioni stanno iniziando scarseggiare. Quindi insiste: «Cosa dobbiamo fare?». La risposta del capitano comandante arriva secca attraverso il gracchiare della radio: «Faites Camerone. Chiudo»”.
Camerone
è una delle ricorrenze storiche per la Legione Straniera: è un
episodio della guerra dell'imperatore d'Austria in Messico, quando
una compagnia della Legione difese la sua missione, facendosi
massacrare dai ribelli messicani. Era il 30 aprile 1863.
In Congo, in mezzo ad una foresta,
all'immensità della natura, dopo essersi tanto pianto addosso, ha
inizio per Danilo-Pedro il “dopoguerra”:
“Di colpo sono libero, prigioniero del mio presente. Ho scelto di entrare nella Legione straniera, ho rinunciato alla mia vecchia identità e ne ho accettato una nuova. Mi chiamo Perrini Pedro, indosso il képi blanc e sono pronto a corteggiare la morte”.
Arriva un nuovo amore, una donna
con una figlia conosciuta in uno dei suoi viaggi in Italia: un amore
vero, tanto che Simona, lo ha raggiunto in Africa, nella sua
missione. È l'inizio della seconda parte della vita da legionario,
che ora, passati tanti anni di servizio, a 58 anni, volge anche al
termine.
Cosa rimane dopo una vita in
Legione.
“..noi non siamo un'armata di avventurieri sguinzagliati in chissà quale direzione; noi siamo, e resteremo, i servi fedeli della Francia. Il legionario esegue gli ordini del governo, che gli piacciano o meno”.
In “Mai avere paura” c'è il
bilancio di una vita (o di una buona parte) dentro la Legione: cosa
rimane dentro ai legionari? Un forte spirito di corpo, la volontà
nel sapersi aiutare l'uno con l'altro, sia sul campo di battaglia che
nella vita in generale.
La fedeltà al giuramento e alla parola
data: il motto “Legio patria nostra” non sono solo parole messe
lì a caso.
L'autore racconta delle difficoltà
nell'adattarsi ad un mondo in cambiamento, dove nell'esercito puoi
trovarti al fianco delle donne, che faranno sempre più fatica di un
uomo nello svolgere quel tipo di lavoro.
Le difficoltà che si iniziano a
riscontrare lavorando con persone di religione islamica, che si
rifiutano di andare a combattere in paesi di quella religione (come
successo in Mali).
Che futuro avrà la legione? La Legione
straniera è composta da uomini che vivono in questa società che sta
cambiando e questo significa che anche la Legione straniera dovrà
adattarsi: meno punizioni fisiche, meno rigidità nell'addestramento.
Abbiamo rinunciato a difendere i nostri
valori e questo ci sta rendendo vulnerabili – commenta a fine libro
Danilo Pagliaro, che da la colpa alla nostra pigrizia, alla voglia di
divertirsi e non fare sacrifici.
E ora rischiamo di soccombere di fronte
al nemico più subdolo di questa società, la stupidità umana.
Un pezzo dell'intervista che ho trovato
al link:
Quali sono i valori della Legione? Oggi come si concretizzano?Quando mi sono arruolato prendevo un terzo in meno dello stipendio minimo garantito in Francia. Non c’erano soldi e rimanevamo sempre in caserma. Eravamo una vera e propria famiglia. Oggi un legionario prende di più, può uscire, ma il senso di cameratismo è rimasto. Famiglia e cameratismo, questi sono i valori più importanti della Legione. I valori di base della nostra società si stanno sgretolando. Io li ho ritrovati nella Legione.Ad ottobre scorso sei stato invitato dalla Folgore per commemorare la battaglia di El Alamein. Cosa pensi dei parà italiani?Sono splendidi. Quei ragazzi mi hanno emozionato fino alle lacrime e li ringrazio ancora per avermi dato la possibilità di conoscere la parte migliore d’Italia. Il nostro Paese ha ancora una speranza fino a quando ci saranno questi uomini disposti a morire per quel benedetto tricolore. Sono una forza d’élite che ha gli stessi valori della Legione. Io voglio ringraziare i ragazzi con il basco amaranto davanti a tutta l’Italia: è stata una scoperta incredibile.
La scheda del libro sul sito di
Chiarelettere
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