15 ottobre 2017

La passione per il delitto - Anime nere, di Gioacchino Criaco



Sabato pomeriggio a Erba si inaugurava la sedicesima edizione della rassegna letteraria “La passione per il delitto”: il clou saranno le presentazioni di oggi, che cominceranno alle 13.30 e termineranno con la cena a base di risotto giallo preparato dalla chef Federica Camperi.
Ieri pomeriggio Gioacchino Criaco presentava il suo libro “Anime nere” Rubbettino editore: presentavano i giornalisti Paolo Moretti e Piero Colaprico.
Ha insistito per essere presente anche Roberto Rallo, avvocato difensore di Pino Neri, accusato di essere uno dei fondatori della Lombardia, costola regionale della ndrangheta, assieme a Carmine Novella.
Ma avvocato anche di un imprenditore comasco che ha denunciato un'estorsione di tipo mafioso.

La forza di Anime nere (da cui il regista Francesco Munzi ha tratto un film), sta nella capacità di raccontare il mondo della ndrangheta dal di dentro e dei suoi fiancheggiatori.
Ma quanto sappiamo noi della ndragheta? Quanto è veritiera la narrazione su questa realtà criminale?

Criaco: l'autore ha voluto iniziare da lontano, partendo dal 2010 quando scoppiò una bomba in procura. Per il Sole 24 Criaco scrisse un articolo dove immaginava quello che cosa sarebbe successo poi. L'indignazione, il mobilitarsi delle associazioni antimafia, le indagini e qualche arresto e poi il silenzio.
Per capire chi è il colpevole (delle bombe) bisogna stare al motto “aspromontano”: a chi giova un fatto e non bisogna fermarsi alle apparenze.

Allo stesso modo, quando arrivò il nuovo procuratore capo a Reggio, Cafiero De Raho scrisse un articolo “Dottor De Raho stia attento alle persone con cui prende un caffè”.
Perché anni dopo si scoprì che molti dei rappresentanti antimafia in Calabria sono finiti in un calderone giudiziario, i cattivi erano diventati vittime e i buoni carnefici.

Nulla è come sembra – dice Criaco: le avevo spiegate anni fa queste cose, pensare di capire tutto in pochi mesi (quando ci si insedia in una procura, o in un altro ufficio dello Stato), è impossibile.
Chi viene in Calabria si rapporta con le istituzioni pubbliche e con quelle private, e sono persone che hanno interesse a rappresentare una verità di parte: la verità che ci raccontano è spesso una balla, meglio stare attenti.

Colaprico: in Sicilia, nella storia della lotta alla mafia, si parla della stagione dei veleni, delle lettere anonime, del corvo. C'è sempre stata una componente intellettuale volta al male, per fiancheggiare il male: in Calabria la situazione è più complessa.
In Calabria non c'è stata una stagione dei veleni: l'impressione dall'esterno è di una ndrangheta granitica, la comunità esterna non ha capito o non ha potuto capire cosa stava facendo la ndrangheta.
C'è un passato millenario dietro questo fenomeno: una volta parlavi con altri cronisti per comprendere quello che succedeva nel territorio.
Oggi la tendenza è tenere i giornalisti chiusi nelle redazioni, si pensa che tutte le informazioni siano a portata di click e si pensa anche che tutte le persone dell'antimafia siano credibili.
In questa trappola cadono tutti, giornalisti, politici e anche l'opinione pubblica.
Non per collusione, solo per ignoranza: i giornalisti hanno perso il controllo del territorio, non parlando più con l'avvocato, col maresciallo, con quel giornalista che sembra sapere le cose, come accadeva una volta alle udienze.

Per capire la credibilità delle persone si devono allora osservare gli effetti delle azioni: che fine hanno fatto gli arresti di quel poliziotto, che fine hanno fatto i cento processi aperti dal magistrato?
Una volta era più facile capire davvero cosa era mafia e cosa no: oggi è più complesso, il criminale è meno stupido.
Il criminale lavora bene a fianco dei beni confiscati, entrando nel mondo delle associazioni antimafia.
C'è una altro problema: al nord ci sono poteri ben definiti, la chiesa, gli industriali, l'informazione, la magistratura. C'è una linea di pulizia tra stato e antistato che dobbiamo tenerci stretta: rispetto al sud, abbiamo ancora un po' di garanzia per cui se ci rivolgiamo alle persone giuste possono stroncare le mafie.
A Calabria e al sud dobbiamo capire bene con chi stiamo andando a parlare.

Questo spiega perché i grandi investimenti mondiali arrivano al nord e non al sud.

Rallo: pochi scrittori sono capaci di raccontare una realtà come Criaco. Ha voluto citare un pezzo del racconto di Criaco, “La memoria del lupo” inserito nella raccolta “L'agenda ritrovata”. Un carabiniere ritorna dopo tanti anni nel suo paese, in Aspromonte: in stazione, un tassista lo porta a casa

A chi appartenete?
Sono un carabiniere.
Un carabiniere di Africo ..”.

Il pregiudizio era che uno di Africo doveva appartenere a qualche famiglia e, se è rimasto fuori per 30 anni è perché era in galera...
Per capire la Calabria bisogna conoscerne la sua storia: come la storia dei tre cavalieri leggendari, Osso Castrosso e Carcagnosso; la storia della pungitura con cui si realizza l'adesione all'associazione, senza questo non si capisce cosa scrive Criaco.
Ma nel libro c'è anche un'analisi sociologica: in “Anime nere” si racconta di come, attraverso la ndrangheta e l'affiliazione ndranghetista, il re Borbone voleva fare controllo del territorio in Aspromonte.

Questo lo spiega Criaco che ci fa capire cosa sta dietro la ndrangheta, perché bisogna stare attenti a chi si sta parlando, a chi ci si sta rivolgendo.
Dobbiamo conoscere la nostra realtà con attenzione, senza pregiudizi, comprendere ciò che è criminalità organizzata da criminalità normale. Se sbagliamo e diciamo che tutto e mafia, impediamo un riscatto, di vedere una via d'uscita.
Uno strumento utile è avere una buona lettura come quella di Criaco.

L'avvocato è tornato al caso dell'imprenditore comasco che, volendo denunciare la sua situazione di ricatto, non trovava un interlocutore credibile per denunciare un altro imprenditore: come faccio a denunciarlo se poi tutti i poliziotti vanno da lui a cambiarsi le gomme?

La credibilità dello stato in Calabria.
Criaco: in Calabria c'è un sentimento anti-statale, non ci si è mai sentiti parte di questa nazione.
In questa regione coesistono diverse Calabrie diverse, il reggino, la locride, la zona ionica, che hanno subito diverse dominazioni nei secoli.
Il passato è ancora presente, nei tanti dialetti diversi, zona per zona, mentre il futuro, nella nostra lingua, non è previsto.
Tante calabrie e tante lingue: volerlo capire e voler capire il fenomeno criminale in poco tempo è una pazzia.
Per questo avevo scritto, dopo Anime nere, che la ndrangheta non esiste: nel senso che ne esistono tante e la visione che ne abbiamo oggi è frutto di una narrazione superficiale.
La stessa parola ndrangheta non esisteva fino a pochi decenni fa: nasce nel 1970, dopo i moti di Reggio.
Ce ne sono tante di ndranghete: i santisti, i bastardi e poi sono venute le “anime nere”, che sono poi protagonisti del mio libro. Criminali antagonisti alla ndrangheta che se ne sono andati al nord, e sono tornati al sud grazie all'aiuto anche dei carabinieri.
Anche questo aiuta a capire meglio quello di cui parliamo: da giovane vedevi il capitano dei carabinieri che prima di prendere lavoro in caserma, andava a salutare il notabile della zona.

In Calabria girano gli stessi cognomi nelle famiglie che contano, nella politica, nella magistratura, nei carabinieri: uno stato non sarà mai credibile finché il potere verrà perpetuato di generazione in generazione.
Paradossale il fatto è che poi queste famiglie sono poi quelle che raccontano al paese la ndrangheta.

Facciamo un passo indietro nella storia: gli spagnoli che non riuscivano a dominare la zona dell'Aspromonte, che era una regione montuosa, si chiesero come facciamo ad entrare nel cuore dell'Aspromonte. Scelsero di fare come Ulisse col cavallo di Troia. Così nasce la ndrangheta, che è un tessuto che si nutre della gente, è un polizia senza divisa.

Come è finita la storia delle bombe del 2010? Hanno arrestato un capitano dei cc, un commercialista con una tessera dei servizi e un magistrato (e scoperto un nuovo livello di ndrangheta che non è più ndrangheta, una componente strategica che mette assieme boss, massoni e pezzi delle istituzioni, come ha raccontato il servizio di Presa diretta Mammasantissima).
Lo stato che doveva proteggere lo stato dalle bombe ndranghetiste era lo stesso stato che metteva le bombe. E torniamo alla domanda: con chi puoi parlare? Di chi ti devi fidare?

Colaprico: c'è una forte differenza tra un ragazzo del sud di Africo e uno di Seregno, dove pure c'è stato uno scandalo per il sindaco votato dalla ndrangheta.
La mafia si muove in modo diverso tra nord e sud: al nord troviamo piccole mafie, che mutano aspetto e anche la magistratura si sta adeguando con nuovi strumenti e nuove interpretazione di cosa sia mafia, come nell'inchiesta di mafia capitale.

Onore, fratellanza sono menzogne raccontate ai soldati, che sono poi quelli che riempiono le galere. Quando poi escono dalle galere, dopo anni di carcere, si rendono conto che i capi gli hanno raccontato balle, che i grandi capi si possono pentire, possono avere a che fare con lo stato...
Per capire la differenza tra i comportamenti mafiosi tra nord e sud, Colaprico è partito dagli anni 70-80-90, quando si diceva che a Milano la mafia non c'era: si inizia a parlare di mafia con l'inchiesta Duomo Connection di Ilda Boccassini e del colonnello Ultimo.
L'inchiesta è partita da una microspia in un cantiere, che permette ai carabinieri di ascoltare una storia incredibile. I mafiosi pagavano i socialisti per costruire quartieri: al sud avrebbero minacciato l'assessore, mentre a Milano si pagava la stecca al partito del presidente del Consiglio come tutti.

Bocassini si è poi occupata di ndrangheta con Pignatone: si scoprì che alcuni ordini da giù hanno riflessi qua, che certi ordini si fanno davanti la madonna di Polsi.
Così è passata l'idea di una ndrangheta come struttura unitaria e verticistica, come la mafia.
Per scoprire questa realtà sono serviti due magistrati eccentrici: uno da Milano e uno da Palermo. Mentre al sud in Calabria vengono arrestati magistrati, gli stessi che avrebbero dovuto indagare sulle mafie.

Rallo: ha ricordato di come oggi si contesta il reato di associazione mafiosa a volte a prescindere, per comportamenti mafiosi di persone che mafiose non sono.
Bisogna invece cercare di distinguere mafia da non mafia, perché se tutto è mafia niente è mafia.

E che ogni mafia è legata al suo territorio, che in Calabria è il popolo dei boschi, raccontato Criaco, un popolo che è sopravvissuto alle dominazioni, quella spagnola, quella borbonica e quella dello stato democratico.

Criaco: si identifica ogni criminale calabrese come fosse ndranghetista, è un errore che fanno quelli che si occupano di Calabria superficialmente. Il film Anime nere è servito a spazzar via tutte le vecchie concezioni sulla ndrangheta.

Colaprico e Criaco hanno voluto ricordare un'iniziativa di quest'ultimo, far rivivere la vecchia Africo: nel 1951 dopo 7 giorni di pioggia, un alluvione colpì la zona dell'Aspromonte e lo stato decise di spostare tutta la popolazione in zone vicine al mare.
Criaco è nato in un campo profughi, una zona di baracche: una popolazione cresciuta in montagna viveva in zone paludose, col pane dello stato.
Africo, San Luca a Platì sono tra questi paesi: questa è la genesi dell'invasione della ndrangheta dell'Aspromonte al nord.

Quali sono i luoghi comuni sulla ndrangheta.
Criaco: si deve decostruire il mito della ndrangheta, altrimenti si continuerà a far crescere quel mostro che sta rovinando quella parte del paese.
Al cronista il compito di raccontare i fatti, quello che vedono e che succede.

Colaprico: due categorie sanno delle cose ma non le raccontano, i commercianti e gli industriali. Potrebbero raccontare delle cose, senza nascondersi dietro l'indagine.
I giornalisti dovrebbero incalzare gli imprenditori, stanare la società civile quando ci prende in giro dicendo che non sanno.

Anime nere di Gioacchino Criaco - Rubbettino editore
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Infine un'anticipazione: Piero Colaprico pubblicherà per Feltrinelli un libro che uscirà il 2 novembre, con un personaggio legato alla ndrangheta nella provincia milanese, che era stato protagonista anche di due suoi precedenti romanzi “Trilogia della città di M.” e “La donna delcampione”.

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