Sabato pomeriggio a Erba si inaugurava la sedicesima edizione della rassegna letteraria “La passione per il delitto”: il clou saranno le presentazioni di oggi, che cominceranno alle 13.30 e termineranno con la cena a base di risotto giallo preparato dalla chef Federica Camperi.
Ieri pomeriggio Gioacchino Criaco
presentava il suo libro
“Anime nere” Rubbettino editore: presentavano i
giornalisti Paolo Moretti e Piero Colaprico.
Ha insistito per essere presente anche
Roberto Rallo, avvocato difensore di Pino Neri, accusato di essere
uno dei fondatori della Lombardia, costola regionale della
ndrangheta, assieme a Carmine Novella.
Ma avvocato anche di un imprenditore
comasco che ha denunciato un'estorsione di tipo mafioso.
La forza di Anime nere (da cui il
regista Francesco Munzi ha tratto un film), sta nella capacità di
raccontare il mondo della ndrangheta dal di dentro e dei suoi
fiancheggiatori.
Ma quanto sappiamo noi della ndragheta?
Quanto è veritiera la narrazione su questa realtà criminale?
Criaco: l'autore ha voluto
iniziare da lontano, partendo dal 2010 quando scoppiò una bomba in
procura. Per il Sole 24 Criaco scrisse un articolo dove immaginava
quello che cosa sarebbe successo poi. L'indignazione, il mobilitarsi
delle associazioni antimafia, le indagini e qualche arresto e poi il
silenzio.
Per capire chi è il colpevole (delle
bombe) bisogna stare al motto “aspromontano”: a chi giova un
fatto e non bisogna fermarsi alle apparenze.
Allo stesso modo, quando arrivò il
nuovo procuratore capo a Reggio, Cafiero De Raho scrisse un
articolo “Dottor De Raho stia attento alle persone con cui
prende un caffè”.
Perché
anni dopo si scoprì che molti dei rappresentanti
antimafia in Calabria sono finiti in un calderone giudiziario, i
cattivi erano diventati vittime e i buoni carnefici.
Nulla è come sembra – dice
Criaco: le avevo spiegate anni fa queste cose, pensare di capire
tutto in pochi mesi (quando ci si insedia in una procura, o in un
altro ufficio dello Stato), è impossibile.
Chi viene in Calabria si rapporta con
le istituzioni pubbliche e con quelle private, e sono persone che
hanno interesse a rappresentare una verità di parte: la verità che
ci raccontano è spesso una balla, meglio stare attenti.
Colaprico: in Sicilia, nella
storia della lotta alla mafia, si parla della stagione dei veleni,
delle lettere anonime, del corvo. C'è sempre stata una componente
intellettuale volta al male, per fiancheggiare il male: in Calabria
la situazione è più complessa.
In Calabria non c'è stata una stagione
dei veleni: l'impressione dall'esterno è di una ndrangheta
granitica, la comunità esterna non ha capito o non ha potuto capire
cosa stava facendo la ndrangheta.
C'è un passato millenario dietro
questo fenomeno: una volta parlavi con altri cronisti per comprendere
quello che succedeva nel territorio.
Oggi la tendenza è tenere i
giornalisti chiusi nelle redazioni, si pensa che tutte le
informazioni siano a portata di click e si pensa anche che tutte le
persone dell'antimafia siano credibili.
In questa trappola cadono tutti,
giornalisti, politici e anche l'opinione pubblica.
Non per collusione, solo per ignoranza:
i giornalisti hanno perso il controllo del territorio, non parlando
più con l'avvocato, col maresciallo, con quel giornalista che sembra
sapere le cose, come accadeva una volta alle udienze.
Per capire la credibilità delle
persone si devono allora osservare gli effetti delle azioni: che fine
hanno fatto gli arresti di quel poliziotto, che fine hanno fatto i
cento processi aperti dal magistrato?
Una volta era più facile capire
davvero cosa era mafia e cosa no: oggi è più complesso, il
criminale è meno stupido.
Il criminale lavora bene a fianco dei
beni confiscati, entrando nel mondo delle associazioni antimafia.
C'è una altro problema: al nord ci
sono poteri ben definiti, la chiesa, gli industriali, l'informazione,
la magistratura. C'è una linea di pulizia tra stato e antistato che
dobbiamo tenerci stretta: rispetto al sud, abbiamo ancora un po' di
garanzia per cui se ci rivolgiamo alle persone giuste possono
stroncare le mafie.
A Calabria e al sud dobbiamo capire
bene con chi stiamo andando a parlare.
Questo spiega perché i grandi
investimenti mondiali arrivano al nord e non al sud.
Rallo: pochi scrittori sono
capaci di raccontare una realtà come Criaco. Ha voluto citare un
pezzo del racconto di Criaco, “La memoria del lupo” inserito
nella raccolta “L'agenda
ritrovata”. Un carabiniere
ritorna dopo tanti anni nel suo paese, in Aspromonte: in stazione, un
tassista lo porta a casa
“A chi appartenete?
Sono un carabiniere.
Un carabiniere di Africo ..”.
Il pregiudizio era
che uno di Africo doveva appartenere a qualche famiglia e, se è
rimasto fuori per 30 anni è perché era in galera...
Per
capire la Calabria bisogna conoscerne la sua storia: come la
storia dei tre cavalieri leggendari, Osso Castrosso e Carcagnosso;
la storia della pungitura con cui si realizza l'adesione
all'associazione, senza questo non si capisce cosa scrive Criaco.
Ma nel libro c'è anche un'analisi
sociologica: in “Anime nere” si racconta di come, attraverso la
ndrangheta e l'affiliazione ndranghetista, il re Borbone voleva fare
controllo del territorio in Aspromonte.
Questo lo spiega Criaco che ci fa
capire cosa sta dietro la ndrangheta, perché bisogna stare attenti a
chi si sta parlando, a chi ci si sta rivolgendo.
Dobbiamo conoscere la nostra realtà
con attenzione, senza pregiudizi, comprendere ciò che è criminalità
organizzata da criminalità normale. Se sbagliamo e diciamo che
tutto e mafia, impediamo un riscatto, di vedere una via d'uscita.
Uno strumento utile è avere una buona
lettura come quella di Criaco.
L'avvocato è tornato al caso
dell'imprenditore comasco che, volendo denunciare la sua situazione
di ricatto, non trovava un interlocutore credibile per denunciare un
altro imprenditore: come faccio a denunciarlo se poi tutti i
poliziotti vanno da lui a cambiarsi le gomme?
La credibilità dello stato in
Calabria.
Criaco: in Calabria c'è un
sentimento anti-statale, non ci si è mai sentiti parte di questa
nazione.
In questa regione coesistono diverse
Calabrie diverse, il reggino, la locride, la zona ionica, che hanno
subito diverse dominazioni nei secoli.
Il passato è ancora presente, nei
tanti dialetti diversi, zona per zona, mentre il futuro, nella nostra
lingua, non è previsto.
Tante calabrie e tante lingue: volerlo
capire e voler capire il fenomeno criminale in poco tempo è una
pazzia.
Per questo avevo scritto, dopo Anime nere, che la ndrangheta non esiste: nel senso che ne esistono tante e la visione che ne abbiamo oggi è frutto di una narrazione superficiale.
Per questo avevo scritto, dopo Anime nere, che la ndrangheta non esiste: nel senso che ne esistono tante e la visione che ne abbiamo oggi è frutto di una narrazione superficiale.
La stessa parola ndrangheta non
esisteva fino a pochi decenni fa: nasce nel 1970, dopo i moti di
Reggio.
Ce ne sono tante di ndranghete: i
santisti, i bastardi e poi sono venute le “anime nere”,
che sono poi protagonisti del mio libro. Criminali
antagonisti alla ndrangheta che se ne sono andati al nord, e sono
tornati al sud grazie all'aiuto anche dei carabinieri.
Anche questo aiuta a capire meglio
quello di cui parliamo: da giovane vedevi il capitano dei carabinieri
che prima di prendere lavoro in caserma, andava a salutare il
notabile della zona.
In Calabria girano gli stessi
cognomi nelle famiglie che contano, nella politica, nella
magistratura, nei carabinieri: uno stato non sarà mai credibile
finché il potere verrà perpetuato di generazione in generazione.
Paradossale il fatto è che poi queste
famiglie sono poi quelle che raccontano al paese la ndrangheta.
Facciamo un passo indietro nella
storia: gli spagnoli che non riuscivano a dominare la zona
dell'Aspromonte, che era una regione montuosa, si chiesero come
facciamo ad entrare nel cuore dell'Aspromonte. Scelsero di fare come
Ulisse col cavallo di Troia. Così nasce la ndrangheta, che è un
tessuto che si nutre della gente, è un polizia senza divisa.
Come è finita la storia delle bombe
del 2010? Hanno arrestato un capitano dei cc, un commercialista
con una tessera dei servizi e un magistrato (e scoperto un nuovo
livello di ndrangheta che non è più ndrangheta, una componente
strategica che mette assieme boss, massoni e pezzi delle istituzioni,
come ha raccontato il servizio di Presa diretta Mammasantissima).
Lo stato che doveva proteggere lo stato
dalle bombe ndranghetiste era lo stesso stato che metteva le bombe. E
torniamo alla domanda: con chi puoi parlare? Di chi ti devi fidare?
Colaprico: c'è una forte
differenza tra un ragazzo del sud di Africo e uno di Seregno,
dove pure c'è stato uno scandalo per il sindaco votato dalla
ndrangheta.
La mafia si muove in modo diverso tra
nord e sud: al nord troviamo piccole mafie, che mutano aspetto e
anche la magistratura si sta adeguando con nuovi strumenti e nuove
interpretazione di cosa sia mafia, come nell'inchiesta di mafia
capitale.
Onore, fratellanza sono menzogne
raccontate ai soldati, che sono poi quelli che riempiono le galere.
Quando poi escono dalle galere, dopo anni di carcere, si rendono
conto che i capi gli hanno raccontato balle, che i grandi capi si
possono pentire, possono avere a che fare con lo stato...
Per capire la differenza tra i
comportamenti mafiosi tra nord e sud, Colaprico è partito dagli anni
70-80-90, quando si diceva che a Milano la mafia non c'era: si inizia
a parlare di mafia con l'inchiesta Duomo Connection di Ilda
Boccassini e del colonnello Ultimo.
L'inchiesta è partita da una microspia
in un cantiere, che permette ai carabinieri di ascoltare una storia
incredibile. I mafiosi pagavano i socialisti per costruire quartieri:
al sud avrebbero minacciato l'assessore, mentre a Milano si pagava la
stecca al partito del presidente del Consiglio come tutti.
Bocassini si è poi occupata di
ndrangheta con Pignatone: si scoprì che alcuni ordini da giù
hanno riflessi qua, che certi ordini si fanno davanti la madonna di
Polsi.
Così è passata l'idea di una
ndrangheta come struttura unitaria e verticistica, come la mafia.
Per scoprire questa realtà sono
serviti due magistrati eccentrici: uno da Milano e uno da Palermo.
Mentre al sud in Calabria vengono arrestati magistrati, gli stessi
che avrebbero dovuto indagare sulle mafie.
Rallo: ha ricordato di come oggi
si contesta il reato di associazione mafiosa a volte a prescindere,
per comportamenti mafiosi di persone che mafiose non sono.
Bisogna invece cercare di distinguere
mafia da non mafia, perché se tutto è mafia niente è mafia.
E che ogni mafia è legata al suo
territorio, che in Calabria è il popolo dei boschi,
raccontato Criaco, un popolo che è sopravvissuto alle dominazioni,
quella spagnola, quella borbonica e quella dello stato democratico.
Criaco: si identifica ogni
criminale calabrese come fosse ndranghetista, è un errore che fanno
quelli che si occupano di Calabria superficialmente. Il film Anime
nere è servito a spazzar via tutte le vecchie concezioni sulla
ndrangheta.
Colaprico e Criaco hanno voluto
ricordare un'iniziativa di quest'ultimo, far rivivere la vecchia
Africo: nel 1951 dopo 7 giorni di pioggia, un alluvione colpì la
zona dell'Aspromonte e lo stato decise di spostare tutta la
popolazione in zone vicine al mare.
Criaco è nato in un campo profughi,
una zona di baracche: una popolazione cresciuta in montagna viveva in
zone paludose, col pane dello stato.
Africo, San Luca a Platì sono tra
questi paesi: questa è la genesi dell'invasione della ndrangheta
dell'Aspromonte al nord.
Quali sono i luoghi comuni sulla
ndrangheta.
Criaco: si deve decostruire il
mito della ndrangheta, altrimenti si continuerà a far crescere quel
mostro che sta rovinando quella parte del paese.
Al cronista il compito di raccontare i
fatti, quello che vedono e che succede.
Colaprico: due categorie sanno
delle cose ma non le raccontano, i commercianti e gli industriali.
Potrebbero raccontare delle cose, senza nascondersi dietro
l'indagine.
I giornalisti dovrebbero incalzare gli
imprenditori, stanare la società civile quando ci prende in giro
dicendo che non sanno.
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Infine un'anticipazione: Piero
Colaprico pubblicherà per Feltrinelli un libro che uscirà il 2
novembre, con un personaggio legato alla ndrangheta nella provincia
milanese, che era stato protagonista anche di due suoi precedenti
romanzi “Trilogia della città di M.” e “La donna delcampione”.
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