«Ora è giunto il momento di
andarcene, io per morire, voi per vivere. A chi tocca la parte
migliore? Nessuno lo sa, tranne gli dei».
Adocchiato su uno scaffale in libreria,
ho iniziato subito a sfogliare le pagine di questo romanzo,
incuriosito da quel titolo, “L'assassinio di Socrate”.
Quello che avrete o avete già tra le
mani, è un romanzo che racconta della guerra del Peloponneso del
V secolo A.C., tra le due città egemoni dell'antica Grecia,
Atene e Sparta. Una guerra che durò trent'anni, quasi, e che causò
migliaia di morti tra i soldati dei due eserciti (e dei loro
alleati), tra i civili, per le rappresaglie e i saccheggi degli
eserciti e per la peste, che scoppiò ad Atene durante il primo
assedio da parte degli spartani.
Marcos Chicot ha scelto la forma
del romanzo storico per questo racconto, inserendo tra personaggi
storici reali, come Alcibiade e Perseo il generale spartano Brasside
e l'ammiraglio Lisandro, anche altri inventati, come le due donne,
forse le reali protagoniste di tutta la storia, Denianira e
Cassandra.
Il libro comincia col famoso quesito
che Cherefonte, amico e allievo si Socrate, sottopone all'oracolo di
Delfi, la Pizia.
«Vi è un uomo più sapiente di
Socrate, figlio di Sofronisco?»
Ad angosciare l'uomo è la risposta
alla seconda domanda, su quale morte attende il filosofo:
“La sua morte sarà violenta, per
mano dell’uomo dallo sguardo più chiaro”.
Negli stessi mesi a Sparta nel
frattempo, Denianira, vedova del soldato Eusseno, viene
accolta dal fratello, Aristone: costui scaccia, mandandolo a morire
nelle rocce del monte Taigeto (dove gli spartano lasciavano morire i
bambini nati precoci o con qualche deformità), il figlio appena
nato, nel timore che qualcuno lo possa considerare come un figlio del
fratello.
Sarebbe un ostacolo per le sue
ambizioni di salire al trono, avendo sangue reale nelle vene, oltre
ad una forza enorme e un'enorme malvagità.
Ma il piccolo è destinato a
sopravvivere al freddo e alle bestie. E ad essere salvato proprio da
un altro ateniese, il ceramista Eurimaco, che,
nello stesso giorno perde moglie e figlio per mano di un gruppo di
banditi che li assalgono, in viaggio verso Atene.
Ma,
nella tenda di una strega, ritrova quel bambino, dagli occhi chiari
come l'argento.
E' lui la persona a cui si riferisce la
Pizia?
E Socrate? Il grande filosofo ateniese,
rimane in disparte nel corso della storia, che si concentra nelle
guerre, via mare e via acqua tra Sparta e Atene.
Nella storia d'amore contrastata tra
Perseo, che diventa sempre più esperto nell'arte del disegno,
e Cassandra, la giovane figlia dello scrittore di opere
Aristofane.
Nella dura vita di Denianira, costretta
a subire la violenza del marito Aristofane, che cerca perfino di
uccidere: a Sparta le donne potevano vivere un po' più all'aperto
rispetto alle donne ateniesi, dovevano svolgere dell'attività
fisica, per tenersi in forma e dare figli alla città Stato.
Che cresceva i propri figli per
prepararli alla guerra, fino dall'età di sette anni, in cui
cominciava l'agogé.
Quando si parla di Atene, viene subito
in mente la parola democrazia, termine di origine greca, appunto:
eppure dalle pagine del libro emerge quanto questa idea sia
abbastanza lontana dalla realtà.
Seppur romanzato, l'autore ha
ricostruito in modo fedele l'ambientazione storica del libro: la
città era governata da un comitato di saggi e le decisioni più
importanti erano prese in assemblee pubbliche (dove potevano
partecipare solo gli uomini).
Assemblee dove la folla veniva
arringata e governata da oratori che si basavano più sulle emozioni,
sulle paure, sui bassi istinti, che non dal raziocinio.
Non era una democrazia nel senso che
intendiamo noi oggi e nemmeno nel senso che lo intendeva Socrate: in
assemblea si scontravano politici come Pericle e Cleone prima, e
l'ambizioso Alcibiade poi.
Sarà un paragone forzato, ma anche
oggi non siamo in una situazione diversa, vedendo come i politici di
oggi, secoli dopo, si preoccupino di manipolare le masse non per
perseguire il bene comune, la giustizia.
“Non mancavano mai i demagoghi disposti a esaltare le passioni del popolo per ergersene a portavoce, con l’unico fine di guadagnare influenza, riconoscimento o potere”.
Anche demagogia è una parola
che deriva dal greco, termine che oggi viene spesso associato a
populismo e populista. Ovvero del politico che si sente investito
direttamente dal popolo e che al popolo fa riferimento, senza corpi
intermedi a mediare.
Era una democrazia imperfetta anche
quella ateniese, che prendeva decisioni, come quella sulla campagna
in Sicilia, a furor di popolo, abbagliati dalle ricchezze che
avrebbero defraudato dall'isola.
Dove le persone venivano manipolate dai
sofisti nelle assemblee e nei teatri, dove si recitavano le opere di
Aristofane, Eschilo ..
«Voglio dire che Aristofane manipola la folla in teatro con la stessa abilità di Cleone in Assemblea, se non meglio.»
E Socrate che fine ha fatto? Rimasto sullo sfondo, incontriamo il
filosofo mentre usa la maieutica per porre domande e portare i
suoi interlocutori sul sentiero della sapienza e della conoscenza. Lo
vendiamo vestire l'armatura da oplita nelle battaglie delle guerra a
Sparta, lo vediamo crescere il figlio dell'amico Eurimaco, Perseo,
quando costui viene a mancare.
Nell'ultimo capitolo si celebra il famoso processo a Socrate, che
Chicot ci mostra portandoci all'interno della gremita assemblea che
lo deve giudicare.
Per i reati di corruzione nei confronti dei giovani e per aver negato
l'esistenza degli Dei.
«Il principale accusatore è Meleto, il poeta. Ma oltre a lui ci sono l’oratore Licone e Anito, il padre di Antemione». Perseo si affrettò a intervenire. «Anche se è Meleto a esporsi di più, siamo sicuri che il vero istigatore sia Anito».
Accuse mosse per motivi personali, costruite sulla menzogna da parte
di Anito, e da cui Socrate si difende usando la sola arma che
possiede. L'arte di porre domande alla persona che ha davanti per
smontarne le teorie e portarlo, lungo il sentiero del dubbio, verso
una direzione di verità.
Dopo che era stato indicato come il più sapiente degli uomini aveva
interrogato politici, indovini (l'arte divinatoria aveva molta
importanza nell'antica Grecia), artigiani e rinomati sofisti:
«Allora compresi perché il dio mi avesse indicato come
l’uomo più sapiente: tutti i presunti tali che avevo interrogato
erano ignoranti [..]
mentre io ero sempre stato consapevole della mia ignoranza e, almeno
in questo senso, ero più sapiente di loro».
So di non sapere, la più grande massima di Socrate che
Platone ci ha tramandato nell'Apologia: ovvero la
continua ricerca del giusto e del bene, andando a spronare le
persone, affinché fossero meno manovrabili, affinché sapessero
distinguere cosa sia giusto o meno
«Il dio di Delfi mi ha inviato a voi perché vi sproni ogni giorno. Se mi condannate a morte, penso che non troverete con facilità un altro cittadino che vi stimoli allo stesso modo».
Socrate fu condannato a bere la cicuta, nello sconforto dei suoi
amici che cercarono anche, corrompendo le guardie, di farlo fuggire.
Fuga che Socrate non accettò, proprio per non venir meno al rispetto
delle leggi e della giustizia:
“Credo che, se al momento della fuga mi si presentassero le leggi in persona, mi direbbero: ‘Dove sono finiti i tuoi discorsi sulla giustizia e sulla virtù?”
L'assassinio di Socrate è un romanzo che racconta la Storia con la S
maiuscola, le battaglie, gli assedi, i grandi personaggi,
affiancandola alla storia comune delle persone, dalle due parti del
fronte.
Uomini che si scrutano dalle fessure degli elmi, sul campo di
battaglia, in attesa dello scontro.
Donne che si tormentano per la fame e per l'attesa del proprio uomo
al fronte.
Fratelli che si ritrovano, per un gioco del destino, a scrutarsi da
lontano sul campo di battaglia e anche sulla pista dell'olimpiade.
Un romanzo di passioni, di odio, d'amore ben raccontato e pieno di
dettagli, nella ricostruzione dei luoghi (il santuario di Delfi,
quello di Olimpia con l'enorme statua di Zeus in avorio, il Partenone
e l'Eritteo..), dei costumi, della vita delle persone nell'antica
Grecia.
La scheda del libro sul sito di Salani
editori
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