16 maggio 2019

La logica della lampara di Cristina Cassar Scalia

La vecchia lampara s’era decisa a funzionare, e ora penzolava dal suo gancio illuminando un metro quadro di mare. Sante Tammaro se ne stava a poppa, in posizione precaria. A testa sotto, il naso infilato nel secchio col fondo di vetro, ogni tanto si voltava a controllare che fiocina e retino fossero a portata di mano.
Manfredi Monterreale guardava sornione gli attrezzi da pesca che giacevano sulla tolda del gozzo, inutilizzati.

La scrittrice catanese Cristina Cassar Scalia fa ancora centro, col secondo romanzo giallo con protagonista il vicequestore Vanina Guarrasi (mi raccomando una n sola).
Poliziotta palermitana, anni passati all'antimafia rischiando la pelle, come il padre, pure lui poliziotto ucciso da un commando mafioso.
Ora trasferita, forse un po' anche scappata a Catania ad occuparsi di reati contro la persona, con la sua squadra, plasmata attorno alle sue intuizioni e anche i suoi umori.
Poliziotta tenace, caparbia, dotata di grandi intuizioni e soprattutto una poliziotta che non si lascia ingannare dalle apparenze, come in questa storia dove sembra che qualcuno le abbia apparecchiato la soluzione del caso.

Caso che inizia con due persone a bordo di una barca, al largo di Aci Trezza, che stanno pescando usando il vecchio metodo della Lampara. Avete presente? Una specie di lampada messa sotto la barca per attirare i pesci.
Sono un medico e un giornalista di un quotidiano online: il secondo vede una macchina che parcheggia vicino alla spiaggia con un uomo che porta, con una certa fatica, una valigia abbandonata sugli scogli.
Quanti si farebbero i fatti loro, ma non è il caso di Sante, “catanese fino all’unghia dell’alluce e con una spiccata inclinazione verso l’inchiesta”.

Quasi contemporaneamente arriva una telefonata anonima, direttamente alla squadra della Guarrasi anzi, questa persona chiede direttamente del vicequestore
Dottoressa Guarrasi, mi deve ascoltare: sono sicura che stanotte è stata uccisa una ragazza.

Che fare? Lasciar perdere quella telefonata e godersi quel momento di calma (dopo l'indagine della donna trovata morta in una vecchia villa)?
Anche per placare una certa ansia (e un difficile momento personale, per una relazione interrotta tempo prima con un magistrato a Palermo), è la stessa Vanina ad andare assieme ai suoi a fare un'ispezione su questa villa, in via Villini al Mare.
E forse qualcosa in quella villa qualcosa è successo: tracce di pneumatici, mobili messi sotto sopra, una sensazione che all'improvviso arriva addosso al vicequestore Guarrasi:
Era una sensazione, solo una sensazione. Una sottile forma d’inquietudine che l’assaliva ogni volta che un dettaglio non la convinceva, o che, come diceva Spanò, «il morto era vicino».

Un uomo che scarica una valigia sugli scogli, e una telefonata che parla di una villa sul lungomare dove forse è successo qualcosa: due storie che sono destinate ad incrociarsi, quando Spanò (braccio destro della Guarrasi), chiamato dall'amico Sante, recupera quella valigia che dentro ha delle macchie di sangue. E anche un cellulare, in mezzo all'acqua, da cui forse si potrà recuperare qualcosa.
Proprio davanti la villa di Lorenza Iannino, giovane avvocatessa dello studio legale di Elvio Ussaro. Coincidenze?

Spanò, ascolti a me, ce ne dobbiamo fare una ragione: nel mestiere nostro, le coincidenze sono merce rara. Anzi, introvabile.

Chi è Elvio Ussaro? E' un avvocato importante del foro catanese, uno di quelli senza scrupoli, capace di usare tutti i mezzi per vincere una causa.
Ma anche professore universitario o meglio, barone universitario dove fa il bello e il cattivo tempo su promozioni agli esami e sulle carriere dentro l'ateneo dei suoi assistenti.

Un uomo potente dunque, dentro tante brutte storie avvenute in città ma che la magistratura non era mai riuscita ad incastrare.
Dentro la casa gli investigatori trovano tracce di sangue e di coca: alcuni testimoni raccontano ai poliziotti della squadra di un festino, uno dei tanti che si tenevano la sera in quella casa. Festino che all'improvviso era finito con un fuggi fuggi generale di macchine e persone.

Ma che fine ha fatto allora Lorenza?
Se lo domanda Guarrasi e se lo domandano i suoi collaboratori, che oramai temono il peggio.

Come nel precedente romanzo, l'indagine dell'oggi si alterna ad una storia del passato, che viene raccontata a Vanina dall'ex capo della Mobile, il vecchio commissario Biagio Patanè.
La prima moglie dell'avvocato Ussaro si era suicidata pochi mesi dopo il matrimonio. Un matrimonio quasi combinato, perché la ragazza si era opposta a lungo.
Una quarantina d’anni fa, nella famiglia dell’avvocato avvenne un fatto brutto. La prima moglie, non so come si chiamava, si suicidò.

Cosa c'entra questa storia con la scomparsa di Lorenza?
Forse nulla, ma rimane dentro Vanina una strana sensazione, come un presentimento.

Un delitto senza un cadavere, che coinvolge persone importanti della città, come Ussaro e anche un politico locale, che era anche il proprietario del villino.
Tracce di sangue dentro una valigia abbandonata e tracce di sangue anche dentro la casa.
Una donna scomparsa che teneva un tenore di vita superiore alle sue entrate, che viveva in un villino sul mare di cui non aveva parlato nemmeno al fratello.
E poi quella strana telefonata che parla di una ragazza morta, probabilmente fatta da uno stesso dei partecipanti della festa.
Una storia strana che rischia di diventare un'indagine che non porta a nulla, finché dal cellulare trovato in acqua non escono delle prove che portano l'inchiesta verso una precisa direzione.
Troppo precisa perché una brutta sensazione si impadronisca di Vanina:

ciò che la lasciava piú perplessa: la quantità di indizi che parevano piazzati lí come tessere di un puzzle già pronte per essere incastrate”.

E' come quando si pesca con la Lampara, la luce che si monta sotto la barca per pescare:

E che ci trase ora la lampara? Tammaro s’infervorò. – La pesca con la lampara ha una sua logica precisa. Si accende la luce, non si fa rumore, si sta fermi il piú possibile e nel frattempo si armano le reti. Prima o poi anche i pesci meglio nascosti vengono a galla.

E' la metafora di tutta l'inchiesta, che si dimostrerà ben più di un caso di omicidio.
Una storia di un'amore che non è potuto sbocciare, di una donna infelice, di un uomo di potere che rappresenta una specie di Tano Cariddi (il cattivo dello sceneggiato La Piovra) e che si era circondato di persone che lo temevano e lo odiavano.
E di una ragazza che era venuta a Catania e pensando di vivere, aveva ucciso la sua vita ...

Aspettatevi tanti colpi di scena in questo racconto, che vi coinvolgerà fino alla fine.
Troviamo il mistero, un'indagine portata avanti sia con gli ultimi ritrovati della scienza e anche coi vecchi metodi. E anche con l'aiuto di un vecchio poliziotto come Biagio Patanè, arzillo e dotato di una buona memoria.

E poi c'è questo nuovo personaggio di investigatrice femminile, tutt'altro che una eroina in rosa: Vanina Guarrasi è una sbirra che si porta dentro una forte inquietudine legata al suo passato.
LA morte del padre, ispettore di polizia che le ha lasciato un grande insegnamento:

«Tu cosa pensi sia giusto, nica mia? Perché questo comanda, nella vita: quello di cui hai bisogno tu per guardarti allo specchio e sapere che non hai nulla da rimproverarti»
E il rapporto non ancora risolto del tutto con quel magistrato di Palermo, da cui era scappata.
Ma che ci trase la Lampara in questa storia?

Come con la lampara, – considerò. La Guarrasi e Carmelo lo guardarono interrogativi. – La lampara. Sapete, quella grossa luce che si monta sulla barca e che serve ad attirare i pesci.
E che ci trase ora la lampara? Tammaro s’infervorò. – La pesca con la lampara ha una sua logica precisa. Si accende la luce, non si fa rumore, si sta fermi il piú possibile e nel frattempo si armano le reti. Prima o poi anche i pesci meglio nascosti vengono a galla.

Buona lettura!

La scheda del libro sul sito dell'editore Einaudi
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