01 maggio 2019

La festa del lavoro in un paese senza diritti sul lavoro


Come consuetudine i dati su occupazione e PIL vengono strumentalizzati e stiracchiati a seconda della convenienza del momento: come Renzi prima, anche questo governo del cambiamento si congratula con se stesso per lo +0.2% di PIL (la peggiore crescita in Europa) e per l'aumento dell'occupazione stabile.
Buon primo maggio!

Ma questa festa potrebbe essere usata per riconsiderare finalmente cosa sia diventato il lavoro oggi: per molti è un “lavoretto” sotto le mentite spoglie del lavoro autonomo senza garanzie, tutele e nemmeno le mance. Sono i rider che fanno le consegne a domicilio su cui il governo (sempre quello del cambiamento) si era impegnato a fare qualcosa.

Ma ci sono anche quelli con un contratto, che spesso è a termine (dopo l'esplosione che c'è stata con la fin degli sgravi voluti da Poletti) che oggi si starà chiedendo cosa succederà nel futuro (che rimane difficile in tempi di scarsa crescita interna).

Per anni abbiamo tolto controlli e vincoli alle imprese e ci siamo ritrovati alle prese con un paese con gente sempre più incazzata e maldisposta contro i signori del jobs act e del miracolo italiano.
Per evitare altri conflitti e tensioni potremmo tornare a parlare di contratti nazionali, salari da far crescere (magari abbassando premi e salari al top management), di tutele sul lavoro e di tutele ambientali.

Perché oltre al dato sugli occupati (che comunque rimane una rilevazione mensile), c'è anche il dato sulle morti bianche: nell'intervista su Repubblica, dove Landini propone l'unificazione dei sindacati confederali, il segretario della CGIL ricorda anche quei 2,5 incidenti mortali al giorno che un dato in crescita e molto poco lusinghiero di questo governo del cambiamento.
Dato poco lusinghiero è anche quello dell'occupazione femminile, dove siamo 13 punti sotto la media europea (in Italia le donne devono scegliere tra lavoro e figli, per questi si fanno meno figli, altri che la sciocchezza dei bimbi importati dall'Africa che racconta Salvini)

Temo che, come per le battaglie ambientali, anche quello del lavoro rimanga un argomento buono solo per la giornata di oggi, quella del concertone (non solo quello di Roma ma anche quello di Taranto, la città dive il lavoro è stato messo in contrapposizione alla salute) e delle sterili polemiche sui negozi aperti (che non spostano il PIL in modo significativo e nemmeno l'occupazione ma appassionano così tanto i liberisti nostrani).
Oggi ci si preoccupa dell'ondata nero, dei fascisti che oggi si sentono protetti tanto da sfilare coi loro simboli e coi bracci alzati per le strade. Ci siamo dimenticati che negli anni 70 questo paese ha retto l'urto del terrorismo, rosso e nero, perché c'era una coesione forte nella società e nel lavoro, coesione dovuta proprio alla presenza di un sindacato sul posto di lavoro.

E visto che siamo in vena di ricordi, non possiamo non dimenticare le vittime della strage di Portella della Ginestra, il 1 maggio del 1947: la prima strage politica di questa Repubblica, voluta dal blocco di potere siciliano che si opponeva al fronte popolare che aveva appena vinto le elezioni in regione.
Un blocco di potere che usò la mafia, il neofascismo (si leggano i libri di Alfio Caruso, Mario Cereghino, Nicola Tranfaglia e Giuseppe Casarrubea) e la banda Giuliano per creare terrore e spaventare le masse.

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