Altro capitolo interessante del libro di Nando dalla Chiesa “La convergenza” è quello dove si parla delle “culture complici” , ovvero quegli atteggiamenti, quelle sottoculture, quelle espressioni che aiutano le criminalità organizzate nella penetrazione dentro la società, perché abbattono la distinzione stato-antistato, perchè denigrano le istituzioni e le sue leggi, perchè portano avanti logiche clientelari, familistiche (la mafia aiuta le famiglie bisognose).
Altra convergenza tra mafia e politica (se queste frasi sono dette da un esponente dello Stato), oltre alle convergenze che nascono su clientelismi e corruzioni.
Come per gli altri capitoli, l'autore propone alcune dichiarazioni:
“Le tasse sono giuste se al 33%, se vanno oltre il 50% allora è morale evaderle”
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, a Palazzo Chigi; Corriere della sera, 17 febbraio 2004.
“Mafia e camorra ci sono sempre state, putroppo, e quindi dovremo onvivere con questa realtà”. “Siamo costretti a convivere con la mafia come con altre realtà: per esempio, i settemila morti sulle strade”.
Pietro Lunardi, ministro per le Infrastrutture, agosto 2001.
“C'è bisogno di una moralità più forte, ma anche di non destabilizzare il sistema”.
Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo Economico, commentando l'inchiesta sul senatore Di Girolamo, poi dimessosi per complicità con la ndrangheta; Il Fatto quotidiano, 25 aprile 2010.
“Perchè se viene fuori che ol getore è lui .. non succede niente, ma ... siccome uno ha fatto l'infame agli sbirri”.
Bartolo Pellegrino, assessore e vicepresidente della Regione Sicilia, 20 ottobre 2000; intercettazione ambientale di una riunione con membri di cosa nostra, uno dei quali, in intercettazione precedente, così parla del capitano dei carabinieri: “lo scanniamo, lo piglio per capretto a quel capitano .. mi ha rotto i coglioni quel capitano”.
“Due persone, entrate in un ufficio, urlano 'Questa è una rapina!' E gli impiegati sorridenti 'Meno male, pensavamo fosse la Finanza'”.
Silvio Berlusconi, leader dell'opposizione, barzelletta raccontata in pubblico, riportata su La Repubblica del 22 dicembre 1996.
Combattere la mafia non è solo una questione di repressione e leggi. E' anche una questione di atteggiamenti, filoni culturali, sentimenti, disposizioni. Diceva Falcone che la lotta alla mafia avrebbe avuto bisogno di un delitto eccellente all'anno. In realtà basterebbe meno: iniziare a cambiare la mentalità e la cultura (e il linguaggio) di quella zona grigia che si estende tra la mafia e i suoi avversari.
Non ci sono più i comunisti da contrastare (come per la mafia ai tempi di Liggio e Riina, ai tempi dello sbarco alleato, o nel passaggio verso la seconda Repubblica). E non è più nemmeno vero che la mafia è qualcosa con cui convivere.
Andatelo a chiedere alle persone che vivono vivono alle discariche illegali, ai commercianti alle prese col pizzo, con l'usura. Agli imprenditori che vedono le loro macchine saltare per aria, i loro negozi bruciare. Andatelo a chiedere ai siciliani, campani, .. quanto sono felici di vendere il voto per un favore.
Il linguaggio, la retorica e anche il controllo dei media, per diffondere le false verità, per si rende indistinguibile cosa è bene e cosa è il male.
“Michele Sindona è stato accanitamente perseguitato per le sue idee politiche. Egli, secondo l'indagine della commissione, è stato accusato di reati che non a commesso e di cui non può essere in alcun modo ritenuto colpevole [..]. Per esempio era noto che che la società controllata da Sindona (l'Immobiliare) programmava un ingente investimento nell'edilizia popolare. Questo piano per le sinistre rappresentava una seria minaccia ...”
Carmelo Spagnuolo, presidente della V sezione della Cassazione, 1976, citato da C. Stajano, Un eroe borghese.
“Ma l'affare comincia a diventare pericoloso, per noi tutti: da oggi, o da domani, quando si arrivasse a queste nomine, dovremmo guardarci da due cosa nostra, quella che ha la cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma.[..] E' una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura per il pentitismo e per i maxiprocessi, ha approdato al più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i maggiori responsabili della debacle dello Stato di fronte alla mafia”.
Lino Jannuzzi su Il giornale di Napoli, 29 ottobre 1991; all'annuncio della nomina di Giovanni Falcone alla guida della Procura Nazionale Antimafia e di Gianni De Gennaro alla guida della Direzione Investigativa Antimafia.
“Questi sono i nomi che mancano alla sentenza della Cassazione: Leoluca Orlando [..], Luciano Violante [..], Gian Carlo Caselli [..], Elena Paciotti [..], Mario Almerighi [..], Gherardo Colombo [..], i magistrati di Magistratura Democratica [..]. Questi sono i nomi dei responsabili dell'infame linciaggio, dei torbidi giochi di potere, degli improvvidi e e sleali attacchi anche all'interno dell'ambito istituzionale e della manovra di isolamento e di delegittimazione. La manovra che ha aperto la strada alla mafia, non solo per il fallito attentato all'Addaura, ma anche e soprattutto, tre anni dopo, per la strage di Capaci e il sacrificio supremo di Giovanni Falcone”.
Lino Jannuzzi, lo stesso di prima, Il Giornale, 21 ottobre 2004.
Civismo, istituzioni, democrazia, verità, responsabilità, libertà, ecco le armi a disposizione dei cittadini: “ribellarsi alla mafia è un po' come lottare contro le proprie eredità storiche”.
Ma anche da quelle culture radicate per le “contingenze della storia”: l'anticomunismo, il clientelismo, l'assistenzialismo, l'economia dell'emergenza, l'urgenza del fare.
Dalla Chiesa individua le seguenti dinamiche come funzionali alla mafia
- Minore trasparenza dei mercati (E): falso in bilancio, evasione, scudi fiscali
- Carenza liquidità/occupazione (E)
- Sviluppo di tendenza anarcoidi civili (S)
- Declino del senso delle istituzioni (I)
- Delegittimazione della magistratura/parlamento (I-P)
- Modelli di rappresentanza (P).
- Invisibilità materiale della mafia (P).
- E economia, I istituzioni, P politica, S società.
“La convergenza”, schema 16, pagina 268. Per il senso dei punti indicati, leggetevi il capitolo 10 (le culture complici).
L'ultimo schema, invece approfondisce le dinamiche funzionali (alla mafia) a livello culturale e morale nella società.
Dinamiche funzionali alla mafia 2:
- Riduzione pluralismo/controllo politico informazione (C)
- Modelli di concezione della vita: avere apparire (C)
- Modelli di concezione della vita: domanda di beni funzionali (C)
- Involgarimento del linguaggio e del senso comune (C)
- Svuotamento di senso dei confini: vita/morte.. (M)
- Moltiplicazione della logica di scambio sui valori (M)
- Mitologie di mafia e antimafia (M)
C cultura, M morale.
I colpevoli
“Io le posso dire una cosa signor presidente .. che la rovina dell'umanità sono certi film, film di violenza, film di pornografia. Sono proprio la rovina dell'umanità perchè .. perché se Totuccio Contorno avesse visto Mosè e non Il Padrino, ad esempio, non avrebbe calunniato nessuno”.
Michele Greco, da G. Savatteri e P. Calderoni, Voci del verbo mafiare, Napoli, Pironti, 1993.
“Opere come la Piovra hanno dato un'immagine negativa del nostro paese all'estero. Speriamo di non farne mai più”.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, sui quotidiano del 8 novembre 1994.
“Se trovi chi ha scritto le dieci serie de La Piovra e scritto libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che li strozzo”.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, novembre 2009.
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