Marco
Biagi fu ucciso dalle BR il 19 marzo 2002 a Bologna, di sera
davanti il suo portone, mentre chiudeva il lucchetto della bici.
Ucciso in quanto giuslavorista, un
tecnico che si occupava (per conto del ministero del Lavoro e
Welfare) della proposta di riforma che tenesse conto dei diritti e
della flessibilità necessaria oggi.
Ucciso a tre anni di distanza dal
collega, Massimo D'Antona, morto sotto i colpi delle Br il 20 maggio 1999.
Per questo Biagi aveva a disposizione
una scorta. Almeno fino al 2001, l'anno dell'attacco alle Torri
Gemelle.
Scorta revocata dal ministero
dell'Interno nonostante le minacce, nonostante quelle telefonate.
«Qualora dovesse malauguratamente occorrermi qualcosa, desidero si sappia che avevo informato inutilmente le autorità di queste ripetute telefonate minatorie senza che venissero presi provvedimenti conseguenti.»
Mail inviata a Maroni da Biagi
Passava pure per un
“rompicoglioni”, per le sue richieste di tutela, il
professor Biagi.
Che però decise di
rimanere al suo posto, a fare quello che la politica gli aveva
chiesto
“La politica ha prevalso e non ci resta che accettare i risultati pur nella certezza di aver fatto tutto il possibile per evitare lo scontro. Cominciano tristi conseguenze per me in quanto alcuni colleghi con vari pretesti stanno prendendo le distanze. Eppure, con riserve sulle decisioni adottate, ho un senso di profonda lealtà nei confronti di Maroni e Sacconi, mi sentirei un vigliacco a stare dalla parte di Cofferati, dove si adagia la maggior parte dei giuslavoristi per conformismo e tranquillità personale.
Ti ho scritto queste cose perché tu sai quanto, nella nostra materia costano certe scelte. Quanto costa stare dalla parte del progresso anche quando non è capiti”.
Mail inviata ai collaboratori del sottosegretario al Lavoro Sacconi, il giorno prima di essere ucciso.
La sua storia (e il
testo della mail) è raccontata in “Vi
aspettavo” di Antonella Mascali - Chiarelettere
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