I rischi per i virus informatici, come
siamo tracciati e monitorati nella vita quotidiana (anche quando
pensiamo di non esserlo) e un aggiornamento sulla vicenda Mose.
Prima però, la pagina dedicata
all'alimentazione: ad “Indovina chi viene a cena”
Sabrina Giannini parlerà dei prodotti industriali con aromi ed
addensanti fatti passare invece come “artigianali” (per esempio i
gelati).
Una specie di truffa (e concorrenza
sleale a chi fa veramente il gelato artigianale), ma tutto a norma di
legge.
Gli effetti collaterali delle guerre
cibernetiche
Scordatevi le guerre combattute coi
carri armati e con gli eserciti di soldati in carne e ossa.
Le guerre moderne si combattono con
altri strumenti e, peggio ancora, nemmeno si dichiarano più con
dichiarazioni ufficiali alle ambasciate.
Sono guerre combattute a colpi di
attacchi informatici, a colpi di fakenews, notizie false sparate in
rete per screditare il leader (o aziende strategiche) di un paese
avversario.
Le multinazionali affrontano i
concorrenti rubando loro le informazioni e i brevetti.
Siamo vulnerabili quando andiamo siamo
connessi alla rete e usiamo software non aggiornato o sistemi
operativi non aggiornati: due settimane fa gli attacchi informatici
agli ospedali inglesi dal virus Wannacry, che ne ha bloccato
l'attività, hanno dimostrato quanto siano concreati questi rischi.
Ma siamo vulnerabili anche quando
usiamo strumenti, nella vita quotidiana, che sono collegati alla
rete.
Come la nostra web camera o la nostra
lavatrice: nel caso di Wannacry,
il virus ha sfruttato una vulnerabilità nota di Windows, scoperta
dalla NSA (e per cui Microsoft aveva già messo sul mercato la patch)
e tenuta segreta per essere sfruttata per spiare le persone.
La scheda del servizio: Voglio
piangere, di Giuliano Marrucci (qui
il promo)
Tutti i file sequestrati e la richiesta di pagare 300 dollari per il riscatto. È il ricatto subìto da oltre 370.000 tra enti pubblici, aziende e privati di 150 paesi i cui computer sono stati infettati nei giorni scorsi dal ransomware WannaCry. È un programma ostile con cui i cyber criminali hanno bloccato l'operatività di fabbriche, università e ospedali. Hanno potuto sfruttare una vulnerabilità di Windows che era stata già scoperta dalla Nsa, la National Security Agency statunitense, e che le era stata “soffiata” e messa all’asta sul mercato nero online. Giuliano Marrucci è andato in America a intervistare il guru della sicurezza informatica Bruce Schneier, che denuncia come proprio la Nsa renda internet meno sicuro: quando scopre una vulnerabilità di sistema, invece di avvertire Microsoft o gli altri produttori perché riparino il “buco” preferisce tenerlo segreto, per poterlo usare lei stessa strategicamente. Così tuttavia i varchi nella sicurezza rimangono aperti ed è solo questione di tempo perché si ritorcano contro di noi, utenti ignari della rete. Sono i danni collaterali delle guerre cibernetiche, che si combattono a nostra insaputa tra hacker di stato anche a colpi di notizie false su Facebook e Twitter ma, come vedremo, possono colpire anche attraverso la violazione del software della nostra lavatrice o telecamera “intelligente”. Un viaggio tra Russia e Stati Uniti per verificare chi è all’origine della pandemia di notizie false sui social e quale ne è l’impatto, tra propaganda e realtà.
Come
tracciano le nostre abitudini
Il servizio di Giorgio Mottola
parte da Londra, da un esperimento di Peter Warren, direttore di
Future intelligence: veniva dato l'accesso ad un hot spot wifi, in
una zona pubblica, a patto che venga ceduto al fornitore il
primogenito.
In 6 avevano accettato la
clausola dell'accordo: a testimonianza del fatto che nessuno legge le
clausole prima di accettare un contratto.
PErché non si fanno clausole in
pochi punti, semplici e comprensibili – si chiedeva il direttore
Warren?
Perché l'obiettivo delle
società di servizio è la caccia ai tuoi dati.
Come quando passeggi per una
delle stazioni di Trenitalia e pensi di essere scollegato dalla rete
e invece sei profilato da una webcam che ti osserva in cima ad un
cartellone pubblicitario.
L'ingegnere informatico G.
Pellerano ha scoperto come i cartelloni delle stazioni, dotati di
telecamera, sono in grado di profilare gli utenti che si soffermano
ad osservare le pubblicità.
Dove finiscono questi dati? Ad
una società di pubblicità che dal profilo (sei maschio e hai
trent'anni) ti propone una pubblicità di rasoi da barba..
Dal 2014 Trenitalia ha firmato
un accordo con Quividi, società francese ma fondata da un
italiano: il loro sw è in grado di riconoscere l'età delle persone,
l'umore, per dare la pubblicità migliore.
Quando navighiamo siamo invece
tracciati coi cookies: con questi strumenti chi gestisce un
sito sa cosa guardiamo e cosa ci interessa.
è obbligatorio segnalarlo, per
legge, ma se noi non li accettiamo, questi strumenti tracciano la
nostra attività lo stesso.
Tutto regolare, almeno per la
legge: ma sono i nostri dati ed è bene che questi non siano usati
per scopi fraudolenti (o per discriminarci senza che ne siamo
consapevoli). Succede ogni giorno, quando accediamo ad un sito,
quando postiamo qualcosa sui social ..
La scheda del servizio:
Sorvegliati
speciali di Giorgio Mottola (qui
una anticipazione)
Avete presente il film “Minority Report” del 2002, con Tom Cruise che cammina in un centro commerciale e i monitor pubblicitari che lo riconoscono e lo bombardano di pubblicità personalizzata? Sembrava fantascienza invece ormai ci siamo. Anche nelle nostre stazioni e aeroporti, per strada o davanti alle vetrine, si può già notare il piccolo occhio di una telecamera appena sopra il monitor pubblicitario. Ci stanno osservando mentre guardiamo l’annuncio e provano a capire dalle nostre reazioni quali potrebbero essere i nostri gusti. Lo chiamano data mining e vuol dire che dovunque ti giri c’è qualcuno che cerca di sapere i fatti tuoi per venderti qualcosa. I dati sono il petrolio della nostra era, moltiplicano i profitti delle aziende che li possiedono e tutti ne sono alla ricerca. Le applicazioni sono gratis, l’uso dei social è gratis solo perché il prodotto siamo diventati noi, con le nostre informazioni personali che lasciamo in giro sul web, nei profili social e mentre usiamo i nostri smartphone. Le compagnie che si occupano di dati sono in grado di elaborare un profilo psicologico di qualunque utente e adoperarlo per venderci mutui, viaggi, automobili o qualsiasi altro prodotto. Compreso un candidato per le elezioni politiche. Ma la profilazione ha ormai superato le barriere del mondo virtuale di internet. Se qualsiasi società può accedere liberamente alle nostre informazioni personali, in alcuni casi la vita può trasformarsi in un inferno. È quello che è successo ad alcune persone il cui nome è finito su World Check, il database di soggetti a rischio più grande del mondo di proprietà dell’agenzia di stampa Thomson Reuters. Contestualmente alla messa in onda renderemo disponibile online un sito realizzato ad hoc per analizzare come, da chi e quanto sono profilati gli utenti dei siti più diffusi in Italia.
In
alto mare di Luca Chianca
Il Mose, quel mose degli
scandali, dei sopra costi, delle mazzette,
del controllore assente, non bloccherà l'acqua alta a San Marco (qui
l'Espresso
in un articolo dove si parlava dei rischi della struttura).
E allora per cosa abbiamo speso
a fare 5 miliardi di euro?
La scheda del servizio: In
alto mare (qui
una anticipazione)
Report torna a occuparsi del Mose che sta per "Modulo sperimentale elettromeccanico", ovvero il sistema di 79 paratoie mobili sommerse che in caso di acqua alta eccezionale dovrebbero sollevarsi per proteggere Venezia. Quando lo finiscono? E funzionerà? Come stanno andando le cose, a tre anni dall'indagine della Procura di Venezia che nel 2014 scoperchiò un sistema di corruzione, travolgendo controllori, controllati, politica locale e nazionale? Lo Stato finora ha speso 5 miliardi e 493 milioni di euro per un'opera che secondo le promesse sarà consegnata solo nel 2021, con una decina di anni di ritardo sui tempi stabiliti. Ma già oggi ci sono problemi e l'esperimento rischia di costare al contribuente una fortuna in manutenzione: dai 30 ai 100 milioni l'anno, perché il progetto prevede che ognuna delle 79 paratoie venga tirata su dall'acqua, portata all'Arsenale, ridipinta e rituffata in laguna. Non si sa nemmeno chi gestirà il Mose e il progetto nasce sbagliato perché piazza San Marco, dopo tutti i soldi spesi, andrà comunque sempre sott'acqua.
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