26 maggio 2010

Il raccolto rosso 1982-2010 di Enrico Deaglio

Questo libro è la continuazione del libro "Raccolto rosso", scritto da Deaglio nel 1993, nel suo viaggio in Sicilia.
Un viaggio in cui lo scrittore, con occhi curiosi, attenti ma anche discaccati da persona del nord, narra della realtà che vede.
Come è possibile che in Sicilia sia successo tutto questo? La guerra civile scatenata da Cosa Nostra contro (il golpe dei Corleonesi), che ha causato migliaia di morti (gli autori hanno parlato di diecimila morti, una cifra incredibile), nel silenzio generale dei media.
Nel silenzio dello stato, capace di muoversi verso la Sicilia (e di spendere qualche parola di circostanza) solo in occasione dei cadaveri eccellenti.
Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Il raccolto rosso (dal libro di Dashiell Hammett) che da il titolo al libro.
Nella prima parte, come si è detto Deaglio è andato a Salemi, patria del fratelli Nino e Ignazio Salvo. A Gela, da Piddu Madonia.
A Corleone, patria di Totò Riina, Luciano Liggio e Ninetta Bagarella (la belva, il ballerino e la maestra).
Corleone culla dei misteri della mafia e dello stato italiano, per il legame con la morte di Salvatore Giuliano e Liggio.
A Trapani, patria del boss Antonio Virga, dove Mauro Rostagno dalla sua televisione, raccontava dei casi di cronaca giudiziaria, della mafia che ancora non c'era (per parte della magistratura).
La Catania di Nitto Santapaola 'o licantropu'.
Coriolano della Floresta, come si faceva chiamare (col nome di un personaggio da romanzo) Totuccio Contorno, killer della mafia perdente.

Nel viaggio in Sicilia Deaglio racconta della miseria, del sottosviluppo, ma anche della massa di denaro che si scambia da e verso il continente.
I soldi della mafia, il riciclaggio del traffico di droga, verso il nord: paradossale, ma lo sviluppo di molte regioni di quella che oggi viene chiamata Padania, è frutto degli affari di Cosa Nostra.
E anche il flusso che, tramite la Cassa del mezzogiorno, arriva da Roma per far aprire cantieri che non chiudono mai, far tirar su interi quartieri con imprese legate ai boss.
Per non parlare dei quartieri venuti su come funghi, tutti abusivi.

Anche dello scempio del territorio è fatto, il raccolto rosso.
La prima metà termina con la morte dei due giudici (e delle rispettive scorte) Falcone e Borsellino. Stragi che sollevano un moto di ribellione allo stato delle cose: lo stato che sembra voler fare veramente la battaglia alla mafia, i pentiti, la politica che si sfalda, le sentenze che arrivano.

Ma come un film, il secondo tempo, dal 1993 ad oggi, non è come il primo: le speranze di un cambiamento tradite.
La mancata perquisizione del covo di Riina, e il relativo processo al Ros di Mario Mori e del capitano Ultimo (l'eroe della cattura).
La mancata cattura di Provenzano, l'infiltrato Luigi Ilardo e il colonnello Riccio del Ros.
Il patto, la trattativa tra stato e mafia. Cosa nostra che si innabissa. Cosa nostra che fa impresa, che fa politica.
La storia del nostro paese che sarebbe da riscrivere anche grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, del figlio di Don Vito Ciancimino, Massimo. I nuovi referenti politici per cosa nostra (Dell'Utri e Berlusconi), che ne avrebbero garantito i tesori e il potere.
Chissà cosa succederebbe se si mettesse su Google maps, la lista di beni confiscati alla mafia, i comuni sciolti per infiltrazione.
Che razza di democrazia andremo a celebrare, per il centocinquantesimo dell'Unità?
Non è solo un problema di qualche regioni del sud.

"Dicono i saggi: è opportuno occuparsi di mafia, prima che lei si occupi di te. Ma quasi mai questo consiglio viene ascoltato. Alcuni se ne accorgono quando aprono il bagagliaio dell'automobile e vi scoprono un cadavere, ma a quel punto è troppo tardi. Altri pensano che si può convivere, ma quelli prima si prendono una stanza, poi le chiavi di casa, poi ti spostano i mobili e qualche volta ti lasciano una testa di capretto nel frigo. Sono invadenti, ma poi cercano un accordo. Passano a raccogliere, e se sono buoni ti lasciano anche una parte del raccolto. La lettura però te la lasciano tutta. E la lettura è sempre una grande consolazione".
Dall'introduzione dell'autore.

Consolazione accresciuta dal fiorire di letteratura sulle storie di mafia: Francesco La Licata, Alfio Caruso, Attilio Bolzoni, Salvo Palazzolo ("I pezzi mancanti"), Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci ("Il patto"). Tanto la mafia è scomparsa dall'agenda politica, tanto molti giornalisti italiani si sono impegnati nel voler raccontare, svelare, far conoscere.

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